L’altare ligneo visto dal Tiziano e poi smembrato. Adesso torna a vivere nei Tesori d’Arte

L’altare ligneo visto dal Tiziano e poi smembrato. Adesso torna a vivere nei Tesori d’Arte

Una vicenda intricata e affascinante. Un oggetto d’arte che esce dalla bottega di un affermato scultore alla fine del Quattrocento, con tavole lignee dipinte da un misterioso pittore dalla mano particolarmente felice, e si ritrova cinque secoli dopo a pezzi, sparsi in giro; alcuni in Cadore, altri addirittura a Torino. È la storia dell’altare a battenti di Santa Maria di Pieve di Cadore, ricostruita minuziosamente, sotto la lente degli esperti (storici dell’arte e restauratori), nell’ultimo volume della collana “Tesori d’arte nelle chiese del Bellunese”, edito dalla Provincia di Belluno e presentato ieri (sabato 12 giugno) là dove tutto è partito, nella chiesa di Pieve. 

Un volume monografico, che già di per sé rappresenta un unicum nel panorama della collana dei “Tesori”. Perché la vicenda del Flügelaltar di Pieve (o altare ad ali) era ed è meritevole di un libro che tratti esclusivamente le ricerche degli ultimi anni e i ritrovamenti che hanno portato alle ipotesi ricostruttive. «Un volume che riporta alla luce non solo la storia di un’opera d’arte, ma anche le radici storiche del nostro territorio – commenta il consigliere provinciale delegato alla cultura, Simone Deola -. In una fase in cui il Cadore faceva da cerniera tra gli influssi germanici e quelli mediterranei, terra di confine, ma non per questo marginale o periferica».

LA VICENDA

L’altare a battenti risale alla fine del Quattrocento ed è comunemente attribuito alla bottega di Ruprecht Potsch, a Bressanone, con cui deve aver collaborato un validissimo pittore, di cui è difficile ritrovare le tracce. Dove lo si può vedere? Da nessuna parte. Almeno non integro. Perché la base è tuttora la “mensa” della chiesa di Pieve. Alcune ante si trovano in sagrestia, così come due statue, tornate a Pieve dopo essere state altrove.

Secondo le ultime ricostruzioni, l’opera lignea rimase integra nella chiesa di Santa Maria Nascente fino all’inizio dell’Ottocento, quando per cambiamenti nelle esigenze liturgiche l’abside gotica venne modificata e l’altare smembrato. Cominciò così la diaspora dei pezzi. Le statue dei santi Pietro e Paolo (che dovevano occupare le nicchie laterali dei due battenti del Flügelaltar) furono ritrovate nella chiesa di Pozzale, dipinte di bianco e riadattate, e oggi dopo un valido restauro, in una teca nella sagrestia di Pieve. La Madonna invece – parte principale del vecchio altare ligneo – saltò fuori dalle collezioni di Palazzo Madama a Torino.

IL LIBRO 

La ricostruzione dei vari elementi, come pezzi di un puzzle, è ben documentata nel volume edito dalla Provincia e curato dalla ricercatrice Letizia Lonzi, nell’articolo di Marta Mazza, insieme a una contestualizzazione storica del Cadore nel Quattrocento (di Giandomenico Zanderigo Rosolo), a un saggio tecnico sul restauro delle statue (di Milena Dean), a un excursus sulle fonti documentali (di Antonio Genova) e insieme anche a una rassegna sull’altaristica tedesca nel Bellunese.

«Questo volume, attraverso la vicenda dell’altare di Pieve, ci dà l’occasione per rivolgere lo sguardo alle ricchezze del nostro territorio, fatto di arte, storia e cultura, oltre che di ambiente e paesaggi – sottolinea il presidente della Provincia, Roberto Padrin -. È fonte di conoscenza del nostro patrimonio artistico e allo stesso tempo arricchimento culturale. L’operazione di promozione che stiamo facendo verso l’esterno, a fini turistici, non può che partire da una conoscenza di quello che è il nostro territorio e di quello che è stato. Una conoscenza che di fronte agli scrigni d’arte diventa orgoglio e senso di appartenenza. Quindi, grazie a chi ne ha curato l’edizione». 

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