Una chiesa per i profughi, Pieve apre il Cristo Crocifisso

Una chiesa per i profughi, Pieve apre il Cristo Crocifisso

È la chiesa più vecchia del paese. La storia della croce che le dà il nome è meravigliosa, evocativa e simbolica. Da domenica il santuario di Cristo Crocifisso (tra Pieve e Tai) diventerà tempio della pace e dell’integrazione: sarà a disposizione degli ucraini per la celebrazione della messa. A cominciare dalla Pasqua ortodossa, che si celebra domani (domenica 24).

Un piccolo frammento di inclusione e integrazione, incastonato nel cuore del Cadore e della tradizione montanara. L’arcidiacono monsignor Diego Soravia – su suggerimento di una signora che preferisce rimanere anonima – ha concesso la chiesa. E domani mattina alle 8 sarà Pasqua per tutti gli ucraini della zona. Per i profughi scappati dalla guerra, ma anche per le tante collaboratrici familiari che da anni hanno impastato la loro lingua slava con l’accento cadorino. 

«Quando, nel 1992, sono arrivati i profughi dalla ex Jugoslavia, abbiamo accolto due bambine perché potessero giocare con i nostri figli e ambientarsi nel nostro paese» racconta la signora che ha suggerito l’utilizzo della chiesa del Cristo Crocifisso e che in maniera anonima sta accogliendo una famiglia ucraina proprio in queste settimane. «Ricordo che un giorno chiesi alla più grandicella: “Ma come mai è arrivata la guerra?”. E lei mi rispose: “Da un giorno all’altro non ci siamo guardati più con gli stessi occhi”. Ho sempre portato con me questa frase, che è davvero “sapienziale” cioè da’ l’idea di cosa può accadere nell’animo dell’uomo quando non guardi più le persone con gli stessi occhi».

Ecco, nella chiesa del Cristo Crocifisso, i profughi potranno celebrare i loro riti ortodossi e guardare il territorio che li accoglie con occhi carichi di speranza. Tanto più che l’edificio religioso ha alle spalle una storia quasi incredibile. Secondo la tradizione, nel 1540 alcuni abitanti della zona stavano arando un terreno in Valcalda, quando all’improvviso i buoi si sono fermati e non volevano saperne di proseguire. Addirittura, si sarebbero piegati verso la terra. I contadini si misero a scavare e trovarono una grande cassa di legno. La riportarono alla luce, convinti che si trattasse di una bara. Ma all’interno c’era un drappo di velluto nero, in cui era avvolto un crocifisso di legno. Non si sa per quale motivo fosse stato sepolto, ma l’incredibile qualità dell’intaglio e l’espressione sofferente del Cristo, con i segni della flagellazione, lo resero subito oggetto di culto. Ancora oggi la chiesa che lo accoglie è chiamata anche Santuario del Cristo di Valcalda ed è meta di numerosi pellegrini che giungono a invocare grazie particolari. 

Se si osserva da vicino, si può notare sul viso del crocifisso una lacrima scolpita nel legno. È il pianto del Cristo. E corre naturale un pensiero al pianto del popolo ucraino che proprio qui avrà il suo punto di riferimento religioso in Cadore.  

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