La salute dei bellunesi? Bene, ma non benissimo. Parola di Bollettino epidemiologico

La salute dei bellunesi? Bene, ma non benissimo. Parola di Bollettino epidemiologico

Come stanno i bellunesi? Bene, anche se mediamente un pochino peggio dei loro conterranei veneti. Lo certifica il primo “Bollettino epidemiologico delle Dolomiti”, redatto da medici e tecnici del dipartimento di prevenzione dell’Ulss 1.

Un insieme di dati ed analisi (grazie al supporto del Servizio Epidemiologico Regionale e Registri di Azienda Zero) che fotografa al meglio la situazione sanitaria e sociale dei bellunesi. Il documento è stato presentato in anteprima, in videoconferenza, dal direttore del servizio Igiene e sanità, Sandro Cinquetti e dalla dottoressa Anna De Polo. «In calce al bollettino ci sono le firme di 14 persone – commenta Cinquetti – ma in realtà dietro c’è il lavoro di tutta la squadra della Prevenzione. Questo è il “numero 0” di una pubblicazione che vorremmo avesse cadenza almeno annuale, a beneficio dei decisori locali, dei cittadini e di chi si occupa di salute e prevenzione».

 

Cosa dicono i numeri? Innanzitutto (ma questa non è una novità) che i bellunesi sono sempre meno. Se ne perdono per strada circa 1.000 all’anno. E poi che sono più vecchi, mediamente, del resto del Veneto. Il Bellunese ha infatti il primato per quanto riguarda l’età media e l’indice di vecchiaia.

Buona, ma non ottima, la speranza di vita. Che è aumentata costantemente negli ultimi 30 anni. Un bambino che nascesse oggi avrebbe davanti a sé una prospettiva media di 80,7 anni, che salgono a 85,1 nel caso di una femminuccia. Nel resto del Veneto, però, le cose vanno meglio. La speranza di vita per un bambino è di 81,4 anni, 85,8 per le donne. La conferma arriva dal tasso di mortalità, che tra i residenti nelle Dolomiti è più alto che altrove. Sui numeri influiscono alcune cause che hanno incidenza maggiore che nel resto del Veneto. Tra queste le malattie respiratorie (dovute al fumo) e gli eventi traumatici (leggasi incidenti, di vario tipo. Dovuti al territorio, più difficile, ma anche alle infrastrutture meno aggiornate). Sulla mortalità maschile incide anche un elevato tasso di malattie dell’apparato digerente (che comprende anche il fegato). Per quanto riguarda i tumori, invece, il numero è in costante calo nei maschi, in linea con ciò che accade nel resto della regione. Stabile, invece, per quanto riguarda le donne. «In generale – spiega Cinquetti – si può dire che i maschi hanno guadagnato più salute rispetto alle donne. La chiave, in via generale, è la diminuzione dell’abitudine al fumo, più marcata nei maschi rispetto alle femmine».

Il 2020 è stato l’anno del coronavirus. Impossibile non tenere conto della pandemia e del suo impatto in un documento che fotografa la situazione epidemiologica. Fino a giugno, per tutta la prima fase, il Bellunese si era addirittura comportato meglio del resto del Veneto, segnando un numero di decessi inferiore di circa il 2%. «Ora, nella seconda ondata, l’andamento è abbastanza in linea con il resto del Veneto – spiega Anna De Polo –. Dopo un lungo periodo di crescita costante, anche da noi si registra ora una fase di stabilità, se non di leggera discesa, nel numero di casi e di deceduti».

Il confronto tra le due ondate esplicita ciò che già si sapeva. Ovvero, che questa seconda ondata ha colpito dappertutto e duramente. Anche in quei comuni che nella prima fase erano stati abbastanza risparmiati (ed erano, di fatto, la maggior parte). E com’è la situazione, al momento? «In via di netto miglioramento nei territori colpiti prima – spiegano Cinquetti e De Polo – ovvero Comelico, Cadore e Ampezzano. In quest’ultima settimana le problematiche maggiori riguardano l’Agordino, che stiamo tenendo sotto osservazione».

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