In un anno perse 47 imprese. E il futuro è avvolto nell’incertezza

In un anno perse 47 imprese. E il futuro è avvolto nell’incertezza

Le ultime ore, con la caduta del governo Draghi, hanno cambiato ancora una volta le carte in tavola. E così la ripresa delle imprese bellunesi dopo la pandemia incontra dei nuovi ostacoli.

Eppure, tutto sommato, le cose non stavano procedendo così male. Non almeno come le previsioni potevano far supporre. Non che sia tutto rose e fiori, naturalmente. Anzi, l’economia bellunese è in altalena.

Lo dimostrano i dati del report settimanale dell’osservatorio statistico della Camera di commercio. Al 30 giugno le sedi d’impresa in provincia sono in crescita, di 54 unità, rispetto al trimestre precedente. Ma se si lancia lo sguardo un po’ più in là le cose cambiano. Nello stesso periodo dell’anno scorso le sedi d’impresa erano 47 in più. E nel 2019, prima del covid, se ne contavano 163 di più.

Particolarmente in difficoltà appare l’artigianato, che in attualmente conta 4.653 unità, 51 in meno rispetto ad un anno: in un triennio se ne sono perse 132. «I motivi di questa sofferenza sono molteplici – analizza Pozza – a partire da un ricambio generazionale difficile. Ma anche a causa degli aumenti».

Male anche il commercio. In provincia, su base annua, si sono perse 14 imprese operanti nel commercio all’ingrosso e 35 nel commercio al dettaglio. Un dato che va in doppia cifra (-100) se si considera il triennio giugno 2019-giugno 2022.

Merita attenzione anche l’andamento delle imprese nella manifattura: si nota qualche piccolo recupero su base trimestrale nel legno – arredo. Ma in totale Belluno perde 38 imprese in un anno, ’85 da giugno 2019.

Tiene invece l’ospitalità, in crescita grazie al prepotente ritorno dei turisti, e traina l’economia il settore delle costruzioni. Il comparto è aumentato di 28 sedi d’impresa in un anno, 19 delle quali rappresentano agenzie immobiliari. Merito del superbonus edilizio, certamente. Ma ora?

«A settembre – avverte Pozza – verranno ulteriormente al pettine una concatenazio-ne di fattori legati alla guerra, al rincaro dei costi energetici, all’inflazione, agli effetti di lungo periodo di una pandemia ancora attorno a noi: fattori che, se non mitigati da oppor-tuni provvedimenti, peseranno moltissimo nella propensione ai consumi e agli investimen-ti. L’andamento delle materie prime già sconta dei bruschi rallentamenti: il passaggio dalla frenata (magari utile per calmare l’inflazione) alla recessione è brevissimo. E se affrontia-mo la situazione senza un Governo, saremo ancor più in balia degli eventi».

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