Il freddo ai tempi del “larin”, della “monega” e del “prete”

Il freddo ai tempi del “larin”, della “monega” e del “prete”

C’era una volta il freddo. E gli inverni rigidi. Come oggi, è vero. Solo che adesso stare in casa con i vari confort è bello: termocoperte, termosifoni e acqua calda a volontà.

Ma un tempo, quando il ghiaccio ricopriva anche le finestre interne delle camere, non era proprio così. Il camino rappresentava la fonte primaria di calore e un luogo dove la famiglia e i vicini di casa si ritrovavano di sera a fare filò e a bere “un’ombra”.

Un momento intimo anche, in cui i più anziani recitavano il rosario o le donne lavoravano a ferri.

Si raccontavano storie di paese e favole ai bambini. Oltre il camino, esistevano pure gli scaldini. Cos’erano? Dei piccoli secchi in alluminio o rame con un manico fisso che permetteva di lo spostamento da una stanza all’altra. Si alternavano, all’interno, uno strato di cenere e uno di brace, fino a riempirlo.

Era comodo perché un tempo i contadini lavoravano all’aperto anche al gelo e le mani avevano bisogno di essere scaldate per evitare i “diaolin ai det”. Lo scaldino manteneva il suo calore per ore!

Ma i piedi? Anche per quelli c’era un rimedio: una struttura in legno copriva lo scaldino in modo che i piedi infreddoliti potessero essere appoggiati e riscaldati. E se mancava lo scaldino, ci si appoggiava direttamente sul larin, dove c’era sempre un pentola di acqua pronta per essere usata.

E il letto? L’arguzia e la fantasia non mancavano. Gli scaldaletto esistevano già un bel po’ di tempo fa. Un metodo molto originale era quello del mattone di terracotta: veniva messo nel focolare proprio vicino alla fiamma, così poteva assorbire tutto il calore necessario. Una volta riscaldato, era avvolto in un panno di lana e messo tra le lenzuola poco prima di coricarsi.

In alternativa, ecco la bottiglia di alluminio riempita di acqua calda: la boule dei nostri giorni.

Arriviamo così alla monega e al prete: ovvero, gli scaldaletto per eccellenza e i più conosciuti. Si parte da un recipiente in terracotta, a bocca larga e manico corto: veniva riempito di braci. E poi c’era un curioso attrezzo di legno formato da due coppie di assi ricurve, unite alle estremità e poste lateralmente a due piani di legno: sotto veniva messo un piccolo piano di lamiera perché non si verificassero incidenti di percorso. Le braci, infatti, potevano bruciare i materassi che un tempo erano fatti di foglie di pannocchie e pagliericci, molto infiammabili. 

La monega e il prete erano uno funzionale all’altro, se è vero che il recipiente caldo veniva infilato nella struttura in legno per scaldare il letto nelle fredde notti invernali.

Alla prossima!

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