Fornai, salumieri, sarti: i garzoni bellunesi e il loro esempio

Fornai, salumieri, sarti: i garzoni bellunesi e il loro esempio

Partivano alla volta di Venezia, per andare sotto padrone: fin dal 1700, esistono tracce di molti bellunesi, provenienti soprattutto da Zoldano, Agordino e Cadore.

Poco più che bambini: l’età media oscillava tra gli 11 e i 18 anni appena, a volte erano anche più piccini. Lavoravano dall’autunno fino a primavera, per poi rientrare a casa nei mesi estivi in vista della fienagione.

Essere garzone significava sacrificio, fatica e, se eri sfortunato, maltrattamenti da parte del padrone. Tante ore passate negli arsenali di Venezia come “felzai” di barche o facchini.

Alcuni trovavano occupazione nei laboratori della seta.

II garzone abitava in genere con il padrone e diventava parte della famiglia, mentre i salari erano bassi: 5 ducati l’anno. Se il compenso in denaro non arrivava, il ragazzo poteva ricevere un paio di scarpe, una falda oppure un paio di calze. 

I lavori più ambiti erano i “forneri” (fornai): non a caso i bellunesi vantano un’importante tradizione, diventata segno distintivo di una vita. C’erano quindi i “luganegheri” (salumieri), gli scaleteri (i pasticceri o ciambellai).

Ma i giovani li troviamo pure nelle botteghe di sarti veneziani o ciabattini. Senza dimenticare i bambini più piccoli che, insieme alle mamme, partivano per il Trentino a svolgere lavori agricoli: la stagione terminava in autunno con la vendemmia.

Insomma i garzoni, una volta diventati adulti potevano vantare di avere un mestiere in mano.

Ragazzi diventati uomini, forse troppo presto e temprati dalla vita e da un lavoro duro.

Alla prossima!

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