C’è un posto nel Bellunese, dove sembra che il tempo si sia piacevolmente fermato, anzi sia adagiato a guardare il presente.
Profumo e rumori di tempi andati: l’orzo, la falce affilata.
Non è un documentario. Come non è una figurante Anna che miete ancora a mano l’orzo e non lo è nemmeno Franco che fa il mugnaio da più di 70 anni. Vivono al ritmo della natura, con le mani, con la fatica.
Consapevoli che qui i frutti vanno davvero “sudati” in pendii in cui è difficile lavorare. Al pari di altri paesani che qui vivono e lavorano, come un secolo fa.
Parliamo delle Vicinie, piccolissimi comprensori: fino al 1927 erano dotati di un’autonomia gestionale propria.
Cosa significa questo? La comunità del loco determinava delle regole condivise, per trovare delle sinergie nei lavori montani, in un territorio apparentemente aspro, in cui gli inverni lunghi e rigidi la fanno da padrone. Ora molte cose sono cambiate con l’evoluzione dei macchinari e di conseguenza le regole e i lavori manuali. Ma non per alcuni che ancora resistono e sono portatori di un bagaglio di cultura e storia, che altrimenti andrebbe perso.
Ecco che le Vicinie, ancora oggi, non sono totalmente scomparse grazie agli “anziani” di Livinallongo, che utilizzano quelle mani segnate dal tempo.
L’orzo macinato a mano per otto lunghe ore: 35 kg di cereali al giorno.
Esiste sempre la sala di affumicatura dello speck, la latteria di Livinallongo che si appoggia a piccoli allevatori del posto e sopravvivono, come in un mutuo aiuto.
C’è poi il recupero di semi antichi grazie a un agronomo in pensione: semi che, raccolti di casa in casa, tornano a germogliare,
E i giovani?
Hanno capito la grande eredità che uomini e donne hanno costruito in un’intera vita: ne fanno tesoro e imparano da loro, cercando di mantenere vive le Vicinie anche attraverso la proposta turistica. Facile? No, di questi tempi niente è facile, ma i montanari non temono lavoro e fatica.
Alla prossima!
Foto tratta da Wikipedia