Dolomeyes vigila sulle Dolomiti: dalle leggende ladine il “censore” dei turisti

Dolomeyes vigila sulle Dolomiti: dalle leggende ladine il “censore” dei turisti

Sembra un mostro, catapultato sulle Dolomiti direttamente dalle antiche leggende ladine. È un misto tra un krampus e un om selvarech. Ma non è lui il vero mostro: mostruosi sono i turisti che salgono i sentieri in infradito, che pretendono lo spritz con ghiaccio e oliva in un rifugio d’alta quota, o che nuotano nel laghetto di Sorapis come fossero a Jesolo. Contro questi comportamenti sconsiderati e ben poco rispettosi della fragilità dell’ecosistema dolomitico, ecco Dolomeyes, il protagonista dell’ultima campagna della Fondazione Dolomiti Unesco, lanciata ieri (18 giugno) insieme a Cai e rifugisti.

Dolomeyes è la star di un video ideato e girato da Brodo Studio di Udine (https://www.youtube.com/watch?v=EPvrypOu_1Y). È il protagonista indiscusso delle brochure che gli escursionisti troveranno nei rifugi dolomitici, nei video, sui social, sul web. E ieri ha fatto sentire la sua voce anche durante la conferenza stampa di presentazione. Suoni gutturali per lo più. Ma significativi.

«Vogliamo veicolare un messaggio chiaro ai frequentatori della montagna poco consapevoli di cosa trovano in alta quota – spiega la direttrice della Fondazione, Mara Nemela -. La grande frequentazione della montagna nell’estate 2020 ha messo in luce comportamenti davvero mostruosi, di quei turisti che vanno sulle Dolomiti credendo di trovarsi davanti una spiaggia o cercano in un rifugio le comodità di un ristorante cittadino. Era importante partire dal basso, cominciare dai fondamentali, perché ci aspettiamo che anche quest’estate molta gente frequenterà le nostre Dolomiti».

E il messaggio è forte. Ironico e schietto. Utilizza un linguaggio misto horror e comico. Ma punta l’attenzione in particolare su tre aspetti: vietato sprecare l’acqua nei rifugi, non danneggiare l’ecosistema, e frequentare la montagna con un minimo di preparazione (controllo delle previsioni meteo, cartina e abbigliamento adeguato).

«Oggi serve un cambio culturale» dicono dal Cai. «Spesso, infatti, chi va in montagna non ne conosce la realtà e inconsapevolmente cerca il soddisfacimento di richieste che non possono essere eseguite, perché l’alta quota evidentemente non può offrire tutte le comodità e ritmi caratteristici della vita in città» spiegano i rifugisti. Che negli anni hanno visto aumentare le richieste assurde. Come uno spritz con ghiaccio e oliva, o una doppia doccia: alla sera prima di coricarsi e alla mattina prima di partire per l’escursione. «Per questo è importante innescare un percorso di consapevolezza da parte di chi frequenta la montagna – dice Mario Fiorentini, presidente dell’Associazione Gestori di Rifugi Alpini della Regione del Veneto e gestore del Rifugio Città di Fiume -. Solo un visitatore consapevole non rischia di vedere disattese le proprie aspettative, bensì cerca e vive i ‘limiti’ imposti dall’ambiente montano come occasione di esperienza autentica e unica».

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