Distrutta dopo Caporetto, ricostruita dai tedeschi. La storia della Tagliata di San Martino

Distrutta dopo Caporetto, ricostruita dai tedeschi. La storia della Tagliata di San Martino

Per chi passa in auto lungo la Sr 203 Agordina è invisibile. Eppure per molto tempo è stato una linea imprescindibile per raggiungere l’alta valle del Cordevole. Arrivare ad Agordo significava passare per la zona dei Castei (a sinistra della galleria, per chi sale oggi in Agordino), dove per secoli è esistito un piccolo fortilizio, con presidio militare. La toponomastica, come sempre, è piuttosto chiara: se la zona si chiama Castei, significa che lì c’era un castello; o forse, più d’uno.

Luogo perfetto come vedetta, e ideale per una linea di frontiera, perché situato alla chiusura di una valle strettissima e in posizione rialzata. Pare addirittura che già in epoca tardo-romana fosse stato impiantato il primo nucleo. Quel che è certo è che in zona Sass de San Martin un castello venne più volte distrutto e ricostruito: ne portano memoria diversi cronisti medievali e rinascimentali. Ma sono i Savoia i primi a costruire un forte moderno: la cosiddetta Tagliata di San Martino, che vede la luce nel 1883, nell’ottica di impedire l’avanzata austrungarica da Nord. 

Sono gli anni tra le guerre d’indipendenza e la Grande guerra. E la Tagliata rientra nella famosa “linea gialla”, collegata al forte di Peden e alla casermetta di Forcella Moschesin. Doveva servire per difendere i confini d’Italia dagli austriaci; con una struttura su più livelli e un adeguata dotazione di artiglieria. Ma come quasi tutti i forti bellunesi di quegli anni non ha mai visto la guerra. Le armi del primo conflitto mondiale urlarono altrove. Anche se gli effetti di Caporetto arrivarono fino ai Castei, perché ai soldati italiani in ritirata fu dato l’ordine di distruggere tutto quello che sarebbe potuto tornare utile al nemico. Quindi venne posizionato dell’esplosivo e la costruzione fu distrutta.

Eppure, oggi, chi percorre il sentiero che dalle miniere di Valle Imperina scendono verso la Muda, si ritrovano un edificio militare ben conservato. Come mai? È opera dei nazisti, che dopo l’occupazione del Nord Italia sistemano il vecchio forte, realizzando una parete in mattoni con feritoie per le mitragliatrici. La zona è disseminata di trincee e postazioni di tiro. Basta perdersi nella boscaglia per vederle. Nessun colpo sparato, però, tra il 1943 e il 1945: come per la Prima guerra mondiale, i conflitti erano altrove.

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