È un grido di pace, quello che si è levato ieri (domenica 4 agosto) dal Monte Grappa. La tradizionale cerimonia di commemorazione dei caduti della Prima guerra mondiale è diventata cassa di risonanza per dire basta alla guerra in Ucraina e al conflitto in Medioriente. Lo hanno detto tutte le autorità intervenute, dall’assessora regionale Manuela Lanzarin al sottosegretario alla cultura Gianmarco Mazzi, dal cardinale Luis Antonio Tagle alla sindaca di Pieve del Grappa Annalisa Rampin. Lo hanno suonato le filarmoniche di Crespano del Grappa e della delegazione austriaca, ricordando i caduti della Grande Guerra, ma anche la fratellanza europea di oggi.
«Arrivando sul Monte Grappa, ho pensato a come abbiano affrontato la guerra le donne. Alcune erano rimaste a casa per potersi prendere cura della famiglia, altre erano state mandate al fronte come infermiere» ha ricordato la referente della delegazione austriaca, davanti all’ossario austroungarico. «Era terribile l’attesa a casa, senza sapere nulla delle sorti dei mariti, dei fratelli. Spesso ripenso alle parole della nostra anziana vicina di casa che, all’indomani dell’armistizio Italia-Austria, quando tutti erano preoccupati di aver perso la guerra, non si capacitava di come la gente non si rendesse conto di un concetto basilare: che in guerra non ci sono vinti né vincitori, ma tutti sono sconfitti. Ecco, oggi da qui mi chiedo: quando la gente si darà pace?».
LA TRADIZIONE
La cerimonia di ieri è cominciata come da tradizione, con l’uscita dal sacrario della Madonnina e con la deposizione di una corona alla tomba di Gaetano Giardino, comandante dell’armata del Grappa.
«Questo è un luogo che parla di Italia, e guarda alla nazione e all’Europa. Ogni anno ci ritroviamo qui, in una tradizione lunga decenni, perché qui ci sono due parole cardine – identità e storia – fondamentali per nostro percorso» ha detto la sindaca di Pieve del Grappa, Annalisa Rampin. «Qui salivano i nostri avi ogni prima domenica di agosto, gente che è dovuta emigrare in altre terre in cerca di fortuna. Qui sono saliti i giovani che hanno sacrificato le loro vite nella Prima guerra mondiale. Quei giovani avrebbero reso l’Italia un Paese migliore. E noi guardiamo oggi a loro e sappiamo che il mondo ha in essere una serie di conflitti. Da qui quindi deve partire un grido di pace, perché questo ci urlano queste tombe, perché questo ci urlano i massi e le valli del Grappa».
«I GIOVANI DI OGGI NON ABBANDONINO LE SPERANZE»
Parole simili sono state usate anche dal sottosegretario Mazzi. «Oggi, ricordando il sacrificio di chi diede la vita su questa montagna, dobbiamo riflettere sui conflitti odierni: la guerra in Europa, la guerra in Medioriente. Il Grappa oggi ci spinge a lavorare con perseveranza perché non ci siamo più guerre e perché i giovani di oggi non siamo costretti ad abbandonare i sogni e le speranze nel futuro. Sogni e speranze che i loro coetanei, più di un secolo fa, hanno visto svanire qui sul Grappa».
L’APPETITO BUONO
Ma come si fa a gridare pace? Come si fa a costruire la pace? Lo ha detto nell’omelia il cardinale Tagle, prefetto del dicastero per l’evangelizzazione della Città del Vaticano. «Le guerre nascono da appetiti deviati, la pace nasce dall’appetito puro. Se vogliamo la pace nel mondo, dobbiamo cambiare l’appetito. Dove ci sono appetiti insaziabili per il possesso c’è guerra. Dove c’è appetito per ciò che è buono e giusto, là c’è la pace».