Se un viaggiatore scozzese… in treno verso il Cadore

Se un viaggiatore scozzese… in treno verso il Cadore

Pubblichiamo la seconda puntata del testo del professor Giovanni Campeol (qui la prima parte Se un giorno d’estate un viaggiatore scozzese…)

La mattina dopo vado a trovare questo ingegnere in un paese distante solo qualche chilometro. Mi accoglie nel giardino di una bella casa dei primi del ‘900 sotto un grande albero, credo fosse un larice, e mi fa accomodare attorno a un tavolo rotondo, circondato da alcune comode sedie.

Dopo una breve e informale presentazione gli comunico il motivo della mia vista, ovvero capire la criticità della mobilità nel Bellunese. Rimane un attimo in silenzio e ciò mi permette di osservare che ha uno sguardo acuto e sveglio, tipico di colui che deve averne “viste tante” nella vita. Inoltre, pur sapendo che è in pensione già da qualche anno, dimostra non più di sessant’anni.

Prima che inizi a porgli delle domande esordisce lui all’improvviso, quasi avesse il desiderio di liberarsi da un peso. – Egregio professore mi rendo conto che le potrebbe apparire strano ma nel Bellunese, da molto tempo, si vive in una specie di società “chiusa” dove un piccolo gruppo di persone controlla pervasivamente tutte le principali attività umane -. E di getto – se, ad esempio, lei volesse lavorare in questo territorio, come professionista, dovrebbe essere gradito a queste persone, altrimenti sarebbe costretto a emigrare –

Colpito da questa frase chiedo – lei vuol dire che la “libera professione” in realtà non è proprio libera? -. Lui mi guarda con un sorrisino e mi risponde – per capire il Bellunese deve conoscere il cosiddetto “localismo italiano” soprattutto quello consolidatosi dopo la seconda guerra mondiale –

Non capisco cosa voglia dire… e vedendomi perplesso afferma – se lei rimarrà un po’ di tempo nel Bellunese, e se avrà voglia di ascoltarmi, le farò un interessante racconto che parte dalla fine della seconda guerra mondiale, periodo nel quale si struttura una certa logica di gestione del potere non solo in queste meravigliose terre di montagna ma anche in molte altre parti d’Italia -. Balbetto qualche parola per la sorpresa e incuriosito gli confermo che mi piacerebbe ascoltare questo “racconto”.

– Molto bene – mi risponde l’ingegnere – ora intanto le spiego perché siamo in questa situazione disastrata per quanto riguarda la viabilità nel Bellunese –

A questo punto, vista che la cosa si fa interessante, chiedo se posso registrare le sue parole e lui acconsente con l’impegno di cancellare la registrazione una volta trascritte le sue dichiarazioni (non oso chiedere, se per caso, si preoccupa che qualcuno possa riconoscere la sua voce).

Inizia dicendo – come immagino sappia, i fondamenti della pianificazione territoriale e urbanistica si basano sul principio della connettività fisica, ovvero sulla realizzazione di infrastrutture efficienti come acquedotti, fognature, strade, linee elettriche, telefoniche, gasdotti e oggi anche telematiche…-

“Wow” mi sta dicendo le stesse cose che mi raccontasti, caro Giovanni, oltre un decennio fa quando venisti a svolgere una “Lectio magistralis” sulla pianificazione del patrimonio archeologico libico, presso il King’s College di Londra alla presenza dei miei colleghi accademici (sempre simpaticamente un po’ razzisti ma non certo stupidi).

Prende fiato e mi dice – le strade, in particolare, sono la parte fondamentale affinché un territorio possa vivere e svilupparsi e la rete presente nel Bellunese, gentile professore, ha un impianto molto datato così come la modesta rete ferroviaria.

La mia ignoranza mi mette in difficoltà ma l’interesse diventa sempre più grande, così chiedo – Ingegnere lei vuol dire che da oltre un secolo la viabilità nel Bellunese non si è molto modificata? -. Lui mi guarda un po’ divertito e mi risponde – ovviamente si sono costruite delle nuove gallerie, si sono migliorati alcuni tratti di strada e se ne sono costruite anche di nuove tuttavia, nella sostanza, l’impianto generale della viabilità è quello almeno di un secolo fa – 

Gli chiedo se anche la ferrovia sia di vecchia data – certo risponde il mio interlocutore – come potrà facilmente verificare la linea ferroviaria da Padova a Belluno fu inaugurata il 10 novembre 1886 e successivamente, solo dopo la protesta degli abitanti del Cadore, il 18 maggio 1914 fu inaugurata anche la tratta finale fino a Calalzo (cioè 28 anni dopo) –

Quindi il Bellunese da oltre cento anni ha una linea ferroviaria che punta a Nord, fatto questo molto interessante per lo sviluppo socioeconomico, almeno per il secolo scorso, e chiedo se, come immagino, sia stata adeguatamente ammodernata. – Qualche ammodernamento c’è stato ma le caratteristiche tecnologiche (raggi di curvatura, pendenza, altezza delle gallerie) sono rimaste quasi le stesse –

Perbacco siamo in presenza di una ferrovia archeologica! Ecco perché da Venezia a Calalzo per fare 112 km si impiegano ben tre ore. 

Scopro, infatti, che su questa linea ferroviaria i treni viaggiano a bassissima velocità. Ad esempio nella tratta Ponte delle Alpi-Calalzo, lunga 36 km, si impiegano circa 50 minuti, a una velocità di media di circa 43 km/ora. 

Divertito, oltre che sorpreso, osservo il mio interlocutore e prima che riesca a formulare una nuova domanda, mi dice – capisco cosa sta pensando egregio professore, ma le devo dare una buona notizia. È stato recentemente approvato il progetto di elettrificazione e sono già partiti i cantieri … –

Entusiasta per questa bella notizia chiedo subito – ottimo così i treni viaggeranno più veloci …- ma cosa dice – mi interrompe l’ingegnere – andranno più piano! –  E io ribatto – più piano di 43 km all’ora? –

Penso che il mio interlocutore si diverta a prendermi in giro, approfittando del fatto che sono scozzese. – Stia tranquillo – interviene osservando il mio eccesso di stupore – non la prendo in giro. La verità è particolarmente comica. Pare che le locomotive elettriche siano troppo pesanti, per cui sui ponti e nelle curve più strette dovranno rallentare per evitare danni –

Incredibile, probabilmente spenderanno milioni di euro per elettrificare una vecchia linea ferroviaria e poi i treni andranno più piano. Spero sia una notizia infondata.

Tuttavia mi viene in mente il clamoroso errore di progettazione fatto dai francesi nel 2015, quando si resero conto di aver sbagliato le misure dei nuovi treni regionali, facendoli più larghi dei precedenti, per cui non potevano entrare nelle stazioni che si sarebbero dovute modificare le banchine. Allora si stimò che sarebbero stati necessari interventi su 1.300 banchine, con un costo per lo Stato francese fino a 100 milioni di euro. Una vicenda comica che deve aver fatto un gran male alla “grandeur” gallica.

Cado dalle nuvole … mi sembra di assistere a un film grottesco nel quale vi è una gara tra costruttori europei di ferrovie per vedere chi è in grado di produrre il progetto più bizzarro – Gentile professore ma non è finita. Pare che per poter far transitare le locomotive elettriche (il cui ingombro è maggiore di quelle diesel poiché dotate di pantografo), dentro le vecchie gallerie si sia dovuto abbassare la massicciata – 

Anche questa poi. Subito chiedo – ma perché si è deciso di elettrificare queste linee ferroviarie minori e molto lente? – L’ingegnere risponde – pare per motivi ecologici -. Motivi ecologici? Rifletto che se i treni diesel sono vecchi effettivamente inquinano l’aria, tuttavia si sarebbero potuti sostituire con alcuni più moderni e molto meno inquinanti, come i treni “ibridi”. E immagino a un costo assai inferiore all’elettrificazione delle linee (inoltre pare che siano già in commercio quelli che funzionano a idrogeno).

Di fronte a questa vicenda gli chiedo come hanno reagito le popolazioni locali, gli industriali, i sindacati, i commercianti, le massaie, gli impiegati, i preti …, e lui così mi risponde – nulla! I bellunesi sono pazienti -.

Non credo alle mie orecchie. Dopo qualche secondo l’ingegnere riprende a parlare. – Gentile professore abbandoniamo questa vicenda comica dell’elettrificazione della ferrovia nel Bellunese e torniamo ai nostri ragionamenti geografici –

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