Se un giorno d’estate un viaggiatore scozzese…

Se un giorno d’estate un viaggiatore scozzese…

Riceviamo e pubblichiamo un lungo testo del professor Giovanni Campeol, già docente allo Iuav di Venezia, di un dialogo tra il suo alter ego scozzese e quello cadorino.

Qualche giorno fa ho ricevuto una lunga lettera da un caro amico, professore universitario scozzese, che mi ha voluto raccontare di una sua recente visita in Italia, ricordandomi che un intellettuale occidentale non può dirsi tale se non effettua almeno una volta un viaggio nel “bel Paese”. Lettera della quale propongo la parte relativa alla sua esperienza nel Bellunese 

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Oggi, giorno di mezza estate del 2020, sono arrivato all’aeroporto Marco Polo di Venezia verso le 11.30 con un volo da Edimburgo che è durato circa quattro ore e mezza e ho noleggiato un’auto per arrivare nel Cadore. In verità avrei desiderato arrivare a Calalzo in treno ma ho dovuto desistere in quanto avevo verificato che avrei impiegato circa tre ore, per percorrere 112 km. 

Sorpreso di tale condizione trasportistica, mentre attendo che la compagnia di noleggio mi assegni un’automobile, rifletto con ammirazione sull’invenzione dell’aeroplano che in quattro ore e mezza riesce a percorrere circa 1.600 km per raggiungere Venezia da Edimburgo (il tempo reale di volo è di circa due ore).

Ma penso anche alla grande invenzione dell’automobile e delle autostrade che mi permettono con piena flessibilità (parto quando voglio e arrivo dove e quando voglio) di raggiungere, ad esempio, Calalzo in circa 1 ora e 40 minuti, partendo da Venezia.

Rifletto così sulle tecnologie di trasporto e devo ammettere che l’invenzione del treno è stata una bella idea. Frutto del britannico George Stephenson (ahimè non scozzese) il quale, il 27 settembre 1825, fece partire il primo treno commerciale della storia, sulla tratta tra Stockton-on-Tees e Darlington. Però osservo che anche l’Italia (allora in senso geografico non politico) non era rimasta indietro poiché solo 14 anni dopo, precisamente il 3 ottobre 1839 alla presenza di Ferdinando II Re delle Due Sicilie, fu inaugurata la Napoli-Portici. Evento straordinario questo, non solo perché fu la prima linea ferroviaria italiana, ma anche perché fu realizzata addirittura a doppio binario, anche se lunga complessivamente appena 7,2 km.

Mi domando come mai nella vulgata post unitaria italiana il Regno delle Due Sicilie venne sempre letto in modo negativo. Tuttavia nei miei studi classici ricordo che nel 1700 Napoli e Palermo erano considerate le più belle città d’Europa!

Da membro del Commonwealth, organizzazione oggi un po’ sbiadita, devo ammettere che la tecnologia della ferrovia ci ha fatto dominare il mondo, tuttavia nella contemporaneità ha perso ogni capacità strategica. Solo alcune modalità, come l’interessante Alta Velocità italiana, però per limitate tratte, presentano qualche fattore di successo. Cosa diversa sono le metropolitane sotterranee e di superficie le quali sono un ottimo sistema di trasporto a scala locale, tuttavia non generano sviluppo, semmai lo mantengono. Cosa diversa, invece, sono le strade di grande percorrenza. 

Però devo ammettere che è bello viaggiare sui treni di montagna anche se hanno una funzione prevalentemente turistica e folkloristica (generalmente vanno pianissimo) e tuttavia costano moltissimo, poiché non si ripagano mai, infatti sono quasi sempre a totale carico delle casse pubbliche. 

– Gentile Signore ecco le chiavi della sua auto! – mi dice con voce suadente la bella ragazza (bella come sanno esserlo solo le italiane) dell’autonoleggio – si ricordi di consegnarle entro le 24 del quinto giorno, altrimenti le addebitiamo anche il sesto giorno – 

Felice metto in moto la mia auto (peraltro nuova) che mi permette di visitare il Bellunese e le sue Dolomiti in piena libertà e, se ne avessi bisogno, potrei portare con me anche altre tre persone.

Percorro l’autostrada A27 in direzione di Longarone, località che raggiungo dopo un viaggio comodo e agevole di circa un’ora. Rifletto ammirato che in breve tempo ho attraversato i territori della laguna di Venezia, quelli della pedemontana trevigiana e infine quelli delle montagne dolomitiche. Tre paesaggi tutelati dall’Unesco (“Venezia e la sua Laguna”, “Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene” e “Le Dolomiti”) e tutti uniti da un’unica strada ad alta percorrenza e facilmente raggiungibili. A parte, come scoprirò, le Dolomiti. 

Che nazione fortunata l’Italia! Non esiste al mondo una condizione geografica in cui trovare condensati, nella medesima regione e nel volgere di pochi chilometri, tre contesti culturali unici e così diversi!

Esco dall’autostrada alla località Pian di Vedoia e improvvisamente mi trovo incolonnato. Non capisco cosa succeda. Attendo un buon quarto d’ora e poi, vista la totale immobilità, scendo dalla mia auto, mi avvicino a quella che mi precede e chiedo all’autista – mi scusi signore c’è per caso un incidente? –

L’uomo, osservandomi tra lo stupito e il divertito, forse anche per il mio albionico accento, mi risponde – nessun incidente caro signore. È sempre così nei fine settimana: che io ricordi da almeno vent’anni –

Spalanco gli occhi per la risposta e lui di seguito, prima che io possa proferire parola – ribadisco. Tutti i fine settimana e non solo, sia in andata che al ritorno, lungo questa strada che si chiama Alemagna si resta per ore bloccati -. Allora gli chiedo come mai si rimane bloccati e lui mi risponde con un sorriso un po’ amaro – caro signore questa strada è troppo stretta, molto tortuosa per poter sopportare il traffico turistico e inoltre passa in mezzo ai paesi … e questo … i politici lo sanno da sempre –

“I politici lo sanno da sempre”. Questa frase mi colpisce nel senso che proprio coloro che dovrebbero gestire la cosa pubblica, in vent’anni, non hanno trovato la soluzione.  

Mentre ancora sono praticamente fermo (in circa 40 minuti devo aver percorso mezzo chilometro) comincio ad interessarmi alla questione della mobilità tra queste montagne e decido di indagare, ricordando il mio passato da giornalista di un quindicinale di Edimburgo, piccolo ma aggressivo. Anzi, cambio l’obiettivo del mio viaggio nel Bellunese: non più “turista contemplativo” ma “analista geografico”.

Raggiungo Calalzo con un ritardo di oltre due ore rispetto a quanto previsto e appena arrivato in albergo (pulito ma modesto, senza servizi accessori, con delle tendine bianche ricamate sulle finestre e un arredo sobrio e un po’ stantio), mi informo per sapere chi gestisce questa strada chiamata “Alemagna”.

Il gestore dell’hotel, che mi pare abbia occhio sveglio, mi dice che la Ss51 è governata da Anas. Capisco che è un acronimo e controllando in internet scopro essere una grande società italiana, a prevalente capitale pubblico, che gestisce appunto le strade statali.

La cosa si fa interessante poiché è lo Stato italiano che deve garantire la qualità del servizio di queste strade. L’animo da giornalista emerge con forza, per cui cerco di contattare, per un’intervista, qualche funzionario di Anas per sapere, “alla fonte”, come stanno le cose.

Dopo un po’ di telefonate scopro che nessuno è disponibile a parlarmi soprattutto quando, nella mia ingenuità scozzese, dico che sto svolgendo un’inchiesta sul funzionamento delle strade nel Bellunese.

Sconsolato, mentre mi bevo una birra seduto al tavolino posto vicino al piccolo desk dell’albergo, si avvicina il gestore che avendo sentito le insistenze con le quali cercavo un contatto con Anas, mi dice – senta signore, nessuno mai di Anas le risponderà, piuttosto la faccio parlare con un ingegnere in pensione il quale, se avrà voglia, le farà sapere un sacco di cose sul Bellunese – 

La questione comincia a farsi intrigante. Come in un thriller mi trovo davanti ad un assassinio e vorrei scoprire il colpevole.

Dopo qualche minuto il gestore del ristorante torna al mio tavolo e mi dice che ha parlato con questa persona, la quale abita in un paese vicino al mio hotel ed è disponibile a parlarmi, a condizione che non si faccia il suo nome e che non venga fotografato o ripreso da una telecamera. La cosa mi sorprende.

Come mai il tema della mobilità tra queste splendide montagne, in una nazione democratica e libera provoca questo atteggiamento di riservatezza?

CONTINUA…

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