Safilo, incertezza sul futuro

Safilo, incertezza sul futuro

Preoccupazione e incertezza: questi i sentimenti dei sindacati dei lavoratori dello stabilimento di Safilo a Longarone. Dopo aver già dimezzato il numero dei lavoratori, ora l’azienda ha deciso di chiedere gli ammortizzatori sociali per i 490 dipendenti rimasti: una mazzata sui salari, ridotti dal 35 al 50%, che già si devono scontrare contro il caro-bollette.

Per fare chiarezza sul futuro, è stato convocato un coordinamento degli stabilimenti italiani – Longarone e Santa Maria di Sala per la produzione, Padova per la logistica – per giovedì 10 novembre a Mestre; qui si decideranno le azioni da mettere in campo perché «non possiamo permettere che gli stabilimenti vengano abbandonati pian piano a loro stessi», spiegano i sindacati – Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil – che ieri mattina hanno incontrato i lavoratori in assemblea.

Le richieste fatte all’azienda per garantire il reddito dei dipendenti non hanno infatti trovato risposta.

«Il 96% della produzione di Safilo è all’estero: – sottolineano ancora i vertici sindacali – abbiamo chiesto di aumentare la produzione italiana così come hanno fatto altre aziende, ma la richiesta non è stata accolta». Altre realtà, anche della stessa zona industriale di Longarone, hanno invece già fatto questa scelta.

Le domande sul futuro non toccano però solo lo stabilimento di Longarone, ma tutte le realtà italiane del gruppo.

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