Poche risorse, nessuna prospettiva: Confindustria boccia il decreto “Cura Italia”

Poche risorse, nessuna prospettiva: Confindustria boccia il decreto “Cura Italia”

Cassa integrazione, reddito, fisco: niente che funzioni. È una bocciatura senza appello, su tutti i fronti, quella di Confindustria Belluno Dolomiti che ritiene il decreto legge “Cura Italia” «insufficiente e inadeguato ad affrontare la drammatica situazione economica anche del sistema delle imprese bellunesi».

Dal welfare, al credito, al fisco, la manovra varata martedì scorso denota la totale assenza di una linea strategica e di un piano di politica economica per il Paese, secondo gli industriali dolomitici. Perché non affronta le problematiche che tutto il mondo produttivo ha evidenziato, ponendo gli imprenditori in una condizione psicologica di totale incertezza. «Siamo ogni giorno in contatto con le nostre imprese – afferma Lorraine Berton, presidente degli industriali bellunesi – e tutte evidenziano sentimenti di smarrimento, incertezza, rabbia e frustrazione. Sappiamo che c’è una gravissima emergenza sanitaria, e la nostra associazione è vicina, anche nei fatti, a tutti gli operatori che ogni giorno sono chiamati ad affrontare questa drammatica situazione. Ma non possiamo dimenticare che l’impatto economico di questa crisi rischia di essere devastante, anche nella nostra provincia. Ecco perché riteniamo inaccettabile che vi sia una manovra esclusivamente politica, che mira al consenso e non alla concretezza. Non c’è un piano per l’economia che salvaguardi l’industria e i suoi dipendenti, in un momento estremamente critico. Servirebbe invece una visione strategica, che punti alla salvaguardia di quelle aziende che generano occupazione e benessere per le nostre comunità».

Nel merito, Confindustria Belluno Dolomiti evidenzia diverse criticità. A cominciare dalla cassa integrazione, prevista dal decreto per nove settimane. Solo che le risorse messe a disposizione (1 miliardo e 300 milioni di euro) sono insufficienti per gli industriali.

Sul fronte della liquidità, l’industria chiede con forza l’aumento del Fondo di garanzia dal 90 al 100 per cento per le pmi, «la somma stanziata di 500 milioni è del tutto insufficiente per le aziende». «Quanto al fisco – dicono da Palazzo Doglioni Dalmas – è inaccettabile che le aziende sopra ai 2 milioni di fatturato, ovvero quelle che generano ricchezza nel Paese, abbiano avuto una proroga di soli 4 giorni per pagare imposte, rateizzazioni, Iva, rottamazioni e contributi previdenziali. Queste devono essere dilazionate con un periodo di preammortamento, almeno fino alla fine dell’emergenza, e restituite in almeno 5 anni».

Nel testo di legge, inoltre, non vi è traccia di alcune proroghe fondamentali per la sopravvivenza delle attività produttive, in particolare il decreto per le Crisi d’impresa che entrerà in vigore a luglio e il disposto fiscale dell’ultima finanziaria per le attività labour intensive. Ma la lista delle bocciature è lunga.

© Copyright – I testi pubblicati dalla redazione su newsinquota.it, ove non indicato diversamente, sono di proprietà della redazione del giornale e non è consentita in alcun modo la ripubblicazione e ridistribuzione se non autorizzata dal Direttore Responsabile.

TAG
CONDIVIDI
Articoli correlati
© 2023 NIQ Multimedia s.r.l.s. – C.F. e P.IVA: 01233140258
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Belluno n. 4/2019
Web Agency: A3 Soluzioni Informatiche
Made by: Larin
News In Quota
Torna in alto