Più servizi, meno spese: il bilancio della Camera di commercio ha il segno positivo

Più servizi, meno spese: il bilancio della Camera di commercio ha il segno positivo

 

L’accorpamento di Belluno con Treviso? Una crescita per l’intero sistema territoriale. Ne è sicuro Mario Pozza, presidente della Camera di commercio Treviso – Belluno Dolomiti, che dal 2016 ha unito le due realtà provinciali. A supporto della sua tesi i numeri del bilancio 2019, presentati ieri a Belluno assieme al direttore Romano Tiozzo. “Contrariamente a quello che temevano in molti – spiega Tiozzo – l’accorpamento a Treviso non è stato negativo per Belluno. Anzi, sta portando grandi benefici”. Nel 2019 le entrate della parte camerale relativa a Belluno sono state pari a 2 milioni e 650 mila euro, il 14% dell’intero bilancio, che con Treviso vale 19 milioni 311 mila euro. Di più, in percentuale, i soldi arrivati nel Bellunese per le varie attività. Un milione e 51 mila euro nel 2019, il 22,47% del totale erogato. “Significa che Belluno riceve più di quello che dà – commenta Tiozzo – grazie alla forza data dall’accorpamento. Non dimentichiamo che fino al 2016 la Camera di Belluno si reggeva in piedi con i soldi del Fondo nazionale di solidarietà camerale. Era l’unica Camera del Veneto a farne richiesta”. Ora le cose vanno meglio, soprattutto sul fronte dell’export. La Camera di commercio Treviso – Belluno è la prima in Veneto per numero di certificazioni per l’estero: con oltre 32mila documenti prodotti all’anno è la quarta in Italia. Forte la componente montana: nel totale l’export bellunese incide per il 24,21%, grazie all’occhialeria e alla filiera del freddo. Il tutto dovendo fronteggiare un corposo calo di personale: a Belluno gli impiegati ora sono 28, erano 41 nel 2014. “Ma grazie alle sinergie, alle economie di scala e alla riorganizzazione interna – spiega Pozza – riusciamo a fornire servizi che portano beneficio a tutto il territorio. Nonostante il decreto Tagliaspese del Governo, che ci toglie un milione di euro all’anno. Una misura alla quale ci siamo opposti: dal 2016 non lo versiamo più, accantonandolo in un fondo apposito. Abbiamo fatto causa allo Stato perché per noi il decreto è anticostituzionale: le imprese versano dei soldi credendo di ricevere servizi, e invece quei soldi servono a ridurre il debito pubblico”. Il 22 gennaio la prima pronuncia del tribunale amministrativo.

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