Polmoni, costanza, e un pizzico di follia. Sono alcuni degli “attrezzi del mestiere” che non possono mancare nella valigetta del bravo ultrarunner. E sono quelli che Massimiliano Calcinoni si porta dietro nelle sue lunghe scorribande in quota. Il 42enne runner limanese ha appena portato a termine una delle sue migliori imprese, con un prestigioso quarto posto assoluto, sabato scorso, all’Ipertrail della Bora. Una delle gare più complicate dell’ormai variegato panorama degli utratrail. Per la collocazione stagionale (provate voi a correre all’inizio di gennaio nel carso triestino sferzato dalla Bora), per la lunghezza (160 km non sono certo bruscolini) e per alcune caratteristiche peculiari. Tipo il fatto che non esistono frecce, mappe o indicazioni: gli unici alleati sono il gps e il tuo intuito.
«Quest’anno poi le condizioni climatiche erano quasi al limite – spiega Calcinoni – a causa della neve caduta due giorni prima ed il freddo previsto, e che in effetti poi c’è stato. Basti pensare che la partenza, prevista da Sella Nevea, è stata spostata a Bovec per lil rischio valanghe».
Una vera corsa ad eliminazione. Dei 68 atleti alla partenza, due terzi si sono arresi prima del traguardo, tagliato solo da 27 valorosi. Il runner limanese conferma: «E’ stata dura la notte, con il freddo a -9°, ma ancora di più l’alba, quando siamo arrivati sopra Gorizia e il termometro segnava – 3°, con la bora gelida che ti entrava da tutte le parti. Ma ormai si sentiva il profumo del mare e questo mi ha aiutato a gestire la stanchezza. Avevo fretta di arrivare, perché all’arrivo mi aspettavano mia moglie Sara e mio figlio Giorgio».
Il 2022 per Massimiliano è così iniziato nel migliore dei modi, dopo un 2021 che gli ha portato una delle più grandi delusioni della carriera. «A settembre non ho potuto finire la mia seconda esperienza al Tor de Geants, forse la gara simbolo tra le Ultratrail, perché sono stato fermato dal medico di gara dopo che avevo richiesto il suo intervento per una defaillance momentanea. Quando mi sono ripreso ho provato in tutti i modi a convincerlo a farmi continuare, perché sentivo di esserne in grado, ma non c’è stato verso. Peccato, anche perché ero intorno alla ventesima posizione».
Uno stop vissuto dal runner limanese come un’ingiustizia, che lo ha bloccato per un po’. «Per un mese e mezzo almeno non ho più voluto saperne delle corse. Poi ho avuto modo di parlare con uno dei più grandi runners italiani che mi ha raccontato sue esperienze analoghe. Questo mi ha aiutato a superare il momento difficile e a novembre sono tornato in gara, al Trail del cinghiale, in Toscana. E così ho messo da parte la disavventura valdostana».
Le imprese degli ultrarunner sono ammantate di epica, sembrano accessibili solo a superatleti. Un immaginario popolare che la vicenda umana e sportiva di Calcinoni smonta: «Io fino al 2015, quando avevo già 36 anni, non avevo mai corso a piedi, nemmeno una pedonata di 5 km. Mi limitavo ad andare in bicicletta e a passeggiare in montagna. Galeotto fu il mio amico Davide De Bona: cercava un compagno per correre la Transcivetta e mi convinse a farla. Da lì scoccò la scintilla».
Ma come ci si prepara ad un’Ultrarail? Serviranno allenamenti sovrumani. «Macché – chiude l’atleta in forza all’Alpago Tornado run – io mi limito a due – tre uscite settimanali di 12-13 km, più i “lunghi” nel weekend. Le gambe servono, certo, ma fondamentali per queste gare sono, a parer mio, la costanza e la testa».