“Mame feltrine”: importante riconoscimento ministeriale per il fagiolo

“Mame feltrine”: importante riconoscimento ministeriale per il fagiolo

Salgono ufficialmente a cinque gli ecotipi di fagiolo bellunesi, iscritti nell’Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali. Il ministero dell’Agricoltura, infatti, ha riconosciuto ufficialmente le Mame feltrine. 

Esistono localmente molti altri ecotipi di fagiolo, tuttavia quelli elencati, sono dotati una loro precisa e definita integrità e dinamicità genetica, tra i più diffusi e coltivati e grazie a studi condotti con metodo scientifico, sono oggi provvisti di propria distintiva “carta d’identità”.

Il nome completo della varietà neo-iscritta è “Mame scritte bonorive feltrine” che riassume esattamente le sue caratteristiche: “Mame” perché il seme ha forma schiacciata a rene (tradizionalmente tutti i fagioli con questa forma sono dette mame), “scritte” perché sul colore di fondo bianco del seme ci sono screziature rosso violacee (appartiene infatti alla famiglia dei borlotti), “bonorive” perché maturano precocemente già a metà agosto e “feltrine” per l’area tradizionale di coltivazione. 

Protagonisti di questo percorso di riconoscimento sono stati due agricoltori: Diego De Bortoli di Pedavena che ha custodito per oltre 60 anni la semente. E Romano Scopel di Feltre che ne sta promuovendo la coltivazione. A loro va aggiunto Stefano Sanson: tecnico agrario e insegnante, da oltre tre anni sta monitorando la varietà e ha poi predisposto e inoltrato il dossier al Ministero dell’Agricoltura. Fondamentali in questa attività gli allievi dell’Istituto Agrario di Feltre. «Tuttavia – frena l’insegnante – resta da fare molto altro lavoro di recupero di preziose e antiche locali varietà e razze locali. Lavoro da condurre con rigore scientifico: dalla conservazione alla caratterizzazione e fino alla moltiplicazione dei semi, così da scongiurare pericolosi fenomeni di estinzione o erosione genetica. Il testimone dovrà poi passare agli agricoltori locali e seguendo l’esempio di altre risorse genetiche recuperate dall’Istituto agrario, come il mais sponcio, il fagiolo Gialét o l’orzo bellunese, trasformare un progetto didattico in un uno imprenditoriale, così da coniugare la conservazione attiva della biodiversità con lo sviluppo sostenibile del territorio».

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