La Vergine è accasciata al suolo, distrutta dal dolore. Vicino a lei due donne: una è disperata, l’altra osserva la Madonna e comprende il dramma. San Giovanni invece sta in piedi, e rifiuta quello che sta vedendo, incredulo di fronte alla morte di Cristo. È una scena da venerdì santo, scolpita da Andrea Brusolon nella famosissima pala d’altare conservata nella chiesa di San Pietro, a Belluno. Una delle ultime grandi opere del “Michelangelo del legno”. Con un piccolo unicum nel genere frequentatissimo della crocifissione (e particolarmente caro proprio al Brustolon). Perché lo scultore decide di rappresentare le diverse reazioni di fronte al dolore. Una scelta stilistica e psicologica fortemente barocca.
È proprio questa parte della pala quella più espressiva. Il resto è composto, armonico. Quasi statico. I volti dei personaggi che piangono, no. Come fosse un funerale: partecipano solo persone amiche (i soldati romani, presenti in molte altre scene di crocifissione, non ci sono), ognuna con la sua dose di dolore e con la sua interpretazione personale del lutto. Una interpretazione modernissima della morte e dei sentimenti.
Per gli amanti del simbolismo, il mondo raffigurato dal Brustolon è diviso nettamente in due: la terra da una parte, il cielo con gli angeli dall’altra (con la croce a unirli). Un po’ come la pala dell’Assunta ai Frari, firmata Tiziano (o quella dell’altro Vecellio, Cesare, a Castion Un’Assunta firmata Vecellio senza andare ai Frari: la pala d’altare di Castion). Ma lo scultore fa qualcosa di diverso. La pala della crocifissione infatti non è fatta su tela. È opera di martello, scalpello e cesello. Sembra marmo, ma è legno di cirmolo.