La Filt Cgil al fianco dei rider: «Sono lavoratori subordinati, sia riconosciuto il contratto nazionale»

La Filt Cgil al fianco dei rider: «Sono lavoratori subordinati, sia riconosciuto il contratto nazionale»

Tra le figure professionali diventate familiari in quest’epoca pandemica ci sono i rider. Sulle spalle borse colorate, a cavallo di biciclette o motorini, anche a Belluno si vedono sempre più spesso sfrecciare sulle strade per assicurare consegne puntuali.

Un mondo variegato, figlio della globalizzazione e dell’americanizzazione sempre più spinta di ampi settori della nostra società. Ma, soprattutto, lavoratori deboli, senza diritti e la cui esistenza professionale dipende dall’algoritmo di un’app.

L’accordo collettivo firmato lo scorso 29 marzo tra sindacati e Just Eat Takeaway (una delle piattaforme più conosciute) in questo senso è rivoluzionario. I circa 4.000 rider della compagnia saranno assunti a tempo indeterminato, diventando a tutti gli effetti dei dipendenti, inquadrati nella categoria logistica e trasporti. Con i sacrosanti diritti del caso, come ferie, malattia e una paga oraria definita.

Per tutti gli altri al momento questo traguardo sembra lontano. «Ma ci stiamo lavorando», assicura Alessandra Fontana, segretaria provinciale della Filt Cgil, che venerdì ha incontrato i rider bellunesi in stazione, per spiegare loro l’accordo siglato con Just Eat e per sensibilizzarli sui loro diritti.

«Non è vero che sono lavoratori autonomi – continua Fontana – e che possono gestirsi gli orari. Sono a tutti gli effetti dei dipendenti, come hanno riconosciuto alcune recenti sentenze».

Nel Bellunese non si conosce ancora il numero di rider effettivi. «Sappiamo che Just Eat qui da noi ha un peso minore di altri delivery, ma dev’essere l’inizio di un confronto anche per tutti gli altri. Abbiamo già avuto contatti con dei rider, ma prima di assicurare la tutela personale vogliamo raggiungere l’obiettivo di una tutela collettiva e la piena applicazione del contratto nazionale del settore logistica e trasporti. Non è che perché sono giovani e apparentemente indipendenti possiamo soprassedere sui loro diritti: sono lavoratori subordinati a tutti gli effetti. E non ad un datore di lavoro, ma ad un’applicazione sul telefonino».

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