“Il buio di vivere”: la poesia diventa una pillola per curare le sofferenze 

“Il buio di vivere”: la poesia diventa una pillola per curare le sofferenze 

Imprimere nell’eterna memoria della poesia una condizione di sofferenza che affronta quotidianamente per creare bellezza: è ciò che ha fatto l’autrice Laura Pellegrini, nata a Roma nel 1962, ma trasferitasi a Belluno nel 1987 per insegnare nella Scuola Secondaria di Primo Grado. “Il buio di vivere” è il nome della sua silloge, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «È un scelta condotta anche con i primi due libri di poesie: “Il silenzio delle parole” e “La solitudine del cuore”. Il nome di una poesia che dà il titolo al libro è indicativo sulla tematica del contenuto di cui si è scritto». La scrittura diventa, così, espressione di libertà, quando il dolore vorrebbe prendere il sopravvento, consentendo di tirar fuori ogni emozione e di alleggerire un cuore schiacciato da afflizione e patimento. È liberatorio saper esprimere i propri stati d’animo, in tutte e le più svariate forme di arte: la scrittura, la pittura, la danza, la musica. «Esprimersi è – per Laura Pellegrini – una pillola curativa per attenuare le nostre sofferenze». 

«Nel manifestare anche la più buia e dolorosa sofferenza – spiega l’autrice, specializzata nell’insegnamento per alunni con disabilità – la scritta parola sottende a un piccolo spiraglio di luce, delineando un filo sottile di invisibile speranza. Liberare emozioni e sentimenti per creare bellezza; su questo cardine, sono nate poesie struggenti e veri capolavori da grandissimi poeti che sono entrati nella storia della letteratura italiana come: Ungaretti, Leopardi, Montale, Merini, solo per citare qualche nome. Il ruolo della scrittura è fondamentale per esprimere se stessi, anche se non è la sola forma d’arte per poterlo fare». 

Le poesie si sviluppano, principalmente, attraverso quattro nuclei tematici: il contrasto lontano-vicino, dove filtra l’inquietudine; il dolore, declinato nei suoi aspetti più vari; il logorio derivante dalle sofferenze per la mancanza di amore; e, infine, la consapevolezza scaturita dall’ineluttabile voltafaccia delle contingenze nei confronti delle passate speranze. «L’autrice – scrive, nella prefazione, Hafez Haidar, più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura – convinta che la società circostante sia indifferente ed egoista, anaffettiva e priva di rispetto verso gli altri, sente smarrito persino il suo esistere nel fitto buio che avvolge la sua esistenza. In quest’isola di abbandono, dove mancano l’amore e il sorriso, anche l’alba, generalmente attesa con ansia, è priva di luce e di vita. Laura si trova rinchiusa tra le sbarre dei suoi pensieri tormentati e cerca di scavare con i suoi versi nel proprio cuore, spinta dalla consapevolezza che a volte serva una sola parola d’amore oppure un semplice gesto di aiuto per spegnare il rogo che infiamma la mente». 

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