Gara del gas, il Tar accoglie il ricorso di Italgas contro i Comuni bellunesi

Gara del gas, il Tar accoglie il ricorso di Italgas contro i Comuni bellunesi

Si complica la trama della gara per l’affidamento delle reti del gas naturale in provincia di Belluno. Dopo gli avvisi di garanzia per turbativa d’asta consegnati martedì al sindaco di Feltre, Paolo Perenzin, all’amministratore unico di Bim Infrastrutture Bruno Zanolla e all’ex senatore, ora direttore tecnico della società, Giovanni Piccoli, ieri è arrivata la sentenza del Tar del Veneto in merito al controricorso promosso da Italgas (la società che a maggio 2020 si è aggiudicata l’asta pubblica) contro i 42 Comuni soci di Bim Infrastrutture (Feltre capofila) che avevano ricorso a loro volta contro l’esito della gara.

I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso di Italgas. Ribadendo quanto già affermato nella sentenza dello scorso dicembre (che aveva rigettato il ricorso dei Comuni) il tribunale amministrativo regionale afferma che il ritiro della delega alla stazione appaltante (il Comune di Belluno) disposto dai Comuni a dicembre 2019 non ha valore giuridico, perché il ruolo spetta per legge al Comune capoluogo. Con la conseguenza, scrivono i giudici, che «La revoca della delega, nonostante il nomen iuris utilizzato, finisce per costituire in realtà nulla di più di un atto di controllo ed indirizzo esercitato dall’assemblea dei sindaci nei confronti della stazione appaltante, che ha rilievo sotto il profilo politico ed istituzionale, ma non produce effetti giuridicamente vincolanti». E, tanto meno, «Potrebbe impedire la rituale conclusione della procedura di gara mediante l’affidamento al soggetto primo classificato».

Il Tar, inoltre, rileva che a contestare il Vir (valore industriale delle reti) poteva essere solamente Bim Infrastrutture, unico titolare del diritto alla corresponsione del valore di rimborso. Gli atti e i provvedimenti adottati dalle amministrazioni comunali, conclude la sentenza, «Appaiono quindi sviati, in quanto orientati a proteggere esclusivamente l’integrità patrimoniale della società partecipata: fine che ben avrebbe potuto essere perseguito da quest’ultima, titolare del diritto alla corresponsione del valore di rimborso, anche mediante l’impugnazione degli atti della stazione appaltante (ove ritenuti lesivi), ma che, nell’inerzia della società partecipata, non avrebbe comunque potuto legittimare l’esercizio da parte dei singoli soci di poteri di sostanziale autotutela, volti a favorire (precludendo l’aggiudicazione e promuovendo la riedizione della procedura) una migliore determinazione del suddetto valore di rimborso (e così accrescere il futuro valore della quota)».

Prossima puntata il 7 ottobre, quando il Consiglio di Stato si pronuncerà in merito al ricorso dei 42 Comuni.

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