Dopo un anno di stop, è tornata l’ex tempore di San Martino

Dopo un anno di stop, è tornata l’ex tempore di San Martino

A Belluno si torna a respirare il familiare profumo del cirmolo. Dopo un anno di stop a causa della pandemia, torna infatti l’ex tempore di scultura su legno. La numero 35. Da martedì 2 e fino a domenica nelle vie del centro di Belluno si potranno vedere all’opera “in diretta” i 18 artisti (tra di loro anche 3 donne) che si contenderanno i premi assegnati da Confindustria, Stampa e Fidapa. Cinque giorni di tempo per creare l’opera d’arte che meglio rappresenti il tema di quest’anno, “Aver cura”. Che poi, come ricorda Annamaria Bristot, presidente del Consorzio Centro Storico, era quello scelto per l’edizione saltata nel 2020.

Da domenica 7 le opere saranno esposte nel chiostro di Palazzo Fulcis, per essere ammirate da tutti e sottoposte al giudizio della giuria popolare. A fare loro compagnia una fedele replica di una delle zattere che portavano i tronchi cadorini fino a Venezia, lungo il Piave, ricostruita nei minimi dettagli dalla “Fameia dei Zater”. Mentre nelle sale del museo torneranno, a grande richiesta, le maschere lignee a cura dell’associazione “Arca dei volti”.

Ma non finisce qui. Il ricco programma dell’ex tempore prevede anche il mercatino dell’artigianato ligneo, il 6 e 7 novembre nei giardini di Piazza dei Martiri. E poi, all’esterno dei negozi e degli esercizi commerciali del centro, in questi giorni e fino a fine novembre sarà possibile ammirare la mostra “Nevegal ‘900”, a cura dell’architetto Francesca Bogo. Un’esposizione “en plein air” che grazie alle foto messe a disposizione dai privati permette di rivivere l’epopea del “Colle dei bellunesi”. «Una testimonianza, senza alcun intento polemico – spiega Bogo – che mira solo a conservare la memoria di un luogo a noi caro, facendoci ragionare anche sui cambiamenti avvenuti in mezzo secolo».

Infine, nei pressi di Porta Dante, è già esposta ed usufruibile la “panchina – metro” realizzata dai ragazzi della scuola del legno di Sedico sotto la supervisione di Beppino Lorenzet e Gianluca De Nart. Una panchina che rappresenta un metro da sarta ma che è simbolo del nostro presente. «La panchina – conclude Francesca Bogo – è uno dei luoghi più iconici delle città. Un luogo di ritrovo, che indica socialità, quella che il 2020 ci ha fatto perdere e che stiamo piano piano cercando, faticosamente, di recuperare».  

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