Dai vaccini al consiglio comunale: De Pasqual, il medico-amministratore

Dai vaccini al consiglio comunale: De Pasqual, il medico-amministratore

La somministrazione dei vaccini, al mattino. Poi, di corsa un municipio per il consiglio comunale. Un impegno su due binari, già impegnativo di suo. Ma reso ancor più gravoso dalla diffusione del virus e dallo scoppio dei contagi. 

Eppure, Fulvio De Pasqual indossa con naturalezza la duplice veste di medico di base e capogruppo di maggioranza. Anche in piena pandemia, in un periodo in cui la campagna vaccinale ha preso quota e il lavoro è direttamente proporzionale al senso di responsabilità nei confronti dei pazienti: «Questa è la mia storia. Lo è ormai da tanti anni. Sono un medico, ma ho scelto pure di dedicarmi all’attività amministrativa. E, soprattutto adesso, ritengo che le due sfere si sposino al meglio. Perché in entrambi i casi porto avanti un servizio per la collettività». 

Insomma, De Pasqual vive l’eccezionalità del momento, e del suo duplice ruolo, con grande equilibrio: «Da solo potrei fare ben poco – ribatte – la realtà è che il territorio è unito in una fase in cui c’è bisogno di tutti. Dall’amministrazione comunale alla Protezione civile, passando per i Servizi sociali e i tanti volontari sempre disponibili. Per quanto riguarda la campagna vaccinale, le operazioni si stanno sviluppando in maniera corale e tutto funziona piuttosto bene. Nel complesso, ritengo sia stato condotto un buon lavoro. Senza considerare l’impagabile soddisfazione di aver portato il vaccino nelle case di chi è impossibilitato a muoversi». 

Ora la situazione pandemica suscita meno timori: «Ma non è il caso di abbassare la guardia – ammonisce De Pasqual -. Vero, nel recente passato ci siamo ritrovati a gestire una sessantina di casi di positività, ora invece ne contiamo appena due. Tuttavia, è necessaria la massima attenzione». 

Prima di essere un amministratore e un medico, Fulvio De Pasqual è un essere umano. E arginare le emozioni non sempre è automatico: «Ricordo in particolare quando sono tornato in casa di riposo e ho trovato uno scenario totalmente cambiato. Mi sono reso conto che il mondo di prima non esiste più: tra operatori bardati, protezioni di vario genere e mancanza di relazioni sociali, almeno a livello diretto, le strutture erano più simili a reparti ospedalieri, che non a case di soggiorno per anziani. In più, non sono mancati i momenti drammatici, con diverse persone, anche giovani, che hanno perso la vita e conoscevo da tempo. Questo deve indurre a riflettere e a mantenere un atteggiamento di cautela». 

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