Buone nuove per il vino bellunese: via libera dell’Ue alle varietà resistenti

Buone nuove per il vino bellunese: via libera dell’Ue alle varietà resistenti

Si aprono interessanti prospettive per i vini bellunesi ottenuti da varietà resistenti. L’Unione Europea ha dato il via libera all’utilizzo delle varietà ibride resistenti (Piwi, dal termine tedesco Pilzwiderstandsfahig, che significa viti in grado di resistere ai funghi) nei vini a Denominazione d’origine. Ciò significa che varietà attualmente coltivate nel territorio bellunese potrebbero essere utilizzate sia nelle doc esistenti, sia nelle future doc specificatamente dedicate a linee di vini resistenti.

«È un traguardo importante, anche se è solo l’inizio – sottolinea Enzo Guarnieri, vicepresidente di Confagricoltura Belluno e presidente dei viticoltori dell’associazione agricola -, soprattutto per le zone di montagna, come la nostra, che possiedono varietà autoctone già di per sé resistenti, spesso su pendenze fortissime, e stanno sperimentando anche queste varietà ibride Piwi che si possono coltivare in aree altrimenti impossibili, sia come altitudini che come condizioni climatiche. Per questi vini, che fino a oggi non potevano essere utilizzati nelle doc, si aprono orizzonti molto interessanti. Potrebbero, ad esempio, essere inseriti nelle doc di cui facciamo parte, come la doc Serenissima che abbraccia le zone collinari e pedemontane del Veneto, in piccola percentuale in varietà internazionali come il Pinot bianco e nero, e lo Chardonnay. Oppure potranno andare a costituire doc specifiche per varietà autoctone come quelle di montagna. E questo, secondo me, sarà il filone più interessante. In ogni caso il futuro va nella direzione della sostenibilità». 

I vini bellunesi ricavati da vigneti resistenti hanno ottenuto, negli scorsi anni, riconoscimenti molto importanti a livello internazionale. Basti ricordare la medaglia d’oro vinta dal Solaris dell’azienda vitivinicola feltrina De Bacco al Premio Piwi Wine Award 2020, concorso internazionale riservato a vini ottenuti da vigneti resistenti ai funghi e che consentono una significativa riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari. «Questa è una bella notizia perché dà il senso del cambiamento del legislatore nei confronti di queste nuove varietà – spiega Marco De Bacco, presidente del Consorzio Coste del Feltrino, che conta 15 aziende per un totale di 50 ettari -. Nei primi anni di sperimentazioni, quando alcuni viticoltori feltrini hanno iniziato a piantare vigneti ibridi, l’approccio nei nostri confronti era piuttosto rigido e sospettoso. Poi, con il lavoro e l’esperienza, hanno cominciato a uscire prodotti di qualità e l’atteggiamento è cambiato. L’apertura all’utilizzo di varietà resistenti nelle doc è importante, sia perché alcune varietà sono molto adatte a una base spumante e potrebbero essere inserite in doc già esistenti, sia perché in futuro potrebbero nascere delle doc per soli vini da varietà Piwi. Gli investimenti fatti dalle nostre aziende vanno al 90 per cento nella direzione della sostenibilità. Da un lato si continua a recuperare le varietà autoctone del territorio feltrino, come Pavana, Gata, Bianchetta e Turca, dall’altro si lavora su questi nuovi incroci appartenenti alla categoria Piwi, che schiudono molte possibilità anche per zone bellunesi dove la viticoltura tradizionale sarebbe impraticabile. Con i vigneti resistenti, che si prestano a climi freddi e sono naturalmente inattaccabili dalle malattie funginee, recuperiamo infatti territori che altrimenti resterebbero incolti e abbandonati e inoltre incontriamo le richieste di un mercato che è sempre più orientato verso coltivazioni sostenibili, con trattamenti ridotti o addirittura inesistenti come nel caso del nostro Solaris».

foto d’archivio

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