Armi in silenzio, trincee di umanità: la tregua di Natale 1914

Armi in silenzio, trincee di umanità: la tregua di Natale 1914

 

Ci sono cose da fare ogni giorno:

lavarsi, studiare, giocare,

preparare la tavola,

a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte:

chiudere gli occhi, dormire,

avere sogni da sognare,

orecchie per non sentire.

Ci sono cose da non fare mai,

né di giorno, né di notte,

né per mare, né per terra:

per esempio, la guerra 

(Gianni Rodari)

 

Più di cent’anni fa l’Europa intera venne martoriata dalla Prima guerra mondiale. Morte e povertà, generazioni di uomini spazzati via in un soffio di vento freddo: il soffio di una guerra cruenta. Giovani ragazzi in prima linea anche nel Bellunese: il Col di Lana ne è un esempio.

Soldati partiti e mai tornati. I sopravvissuti hanno dovuto poi rivivere come in un film dell’orrore anche la Seconda guerra mondiale.

Tra le trincee opposte ci si poteva guardare negli occhi, testimoniava Giovanni Vianello di Belluno, sottotenente del 76. Reggimento di Fanteria, in servizio sul Carso. Le trincee correvano a pochi metri l’una dall’altra: la terra di nessuno, si diceva. In quella terra di mezzo, la vigilia di Natale 1914, fu annunciata una tregua non solo tra gli ufficiali, ma anche tra i sottoposti, fino alle trincee.

Con un megafono si avvisò che ci sarebbe stato un cessate il fuoco, si sarebbero abbassate le armi: tutte. Per poche ore non ci sarebbero stati spari, lanci di granate. L’unico lancio consentito era quello delle gallette di riso o, per i fortunati, pezzetti di cioccolata. E non solo sul Carso, ma anche sul Col di Lana: ovunque quei poveri soldati, spesso scalzi e infreddoliti, potevano dimenticare di essere nemici. Potevano guardarsi senza paura: un attimo dopo sarebbe cambiato tutto. Per gli ufficiali e sottufficiali come Vianello era permesso uno scambio di auguri con un bicchiere di vino e qualche dolce, in un clima di riservatezza.

La magia di Natale permetteva di fumare una sigaretta nel gelo della notte Santa, con quello che forse da lì a poco avrebbe imbracciato il fucile per sparare con le mani livide di dolore. Piccoli miracoli: era la tregua del Natale 1914. 

Un soldato scriveva a casa: «Spuntarono le teste dei soldati ungheresi, nel silenzio delle armi qualcuno intonò un canto quasi silenzioso che poi riempì la valle. Finito il canto, qualcuno lanciò un pacco di sigari, noi rispondemmo con un lancio di cioccolata. Facemmo a gara per scambiarci qualcosa: gallette, frutta secca. Se non avevamo nulla, ci scambiavamo anche i bottoni della giacca. Erano povere cose, come era povero il nostro Natale, come poveri eravamo tutti noi in questa guerra». 

La tregua permise anche di dare una degna sepoltura ai compagni caduti.

Forse ha ragione Rodari: ci sono cose che non si dovrebbero fare né di giorno né di notte: la guerra. Ma almeno il Natale ha portato un attimo di magia tra le trincee e tra gli uomini, che dovevano odiarsi per forza.

Alla prossima!

© Copyright – I testi pubblicati dalla redazione su newsinquota.it, ove non indicato diversamente, sono di proprietà della redazione del giornale e non è consentita in alcun modo la ripubblicazione e ridistribuzione se non autorizzata dal Direttore Responsabile.

TAG
CONDIVIDI
Articoli correlati
© 2023 NIQ Multimedia s.r.l.s. – C.F. e P.IVA: 01233140258
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Belluno n. 4/2019
Web Agency: A3 Soluzioni Informatiche
Made by: Larin
News In Quota
Torna in alto