Un’alleata contro gli austriaci. Quando a Belluno si moriva di “peste” spagnola

Un’alleata contro gli austriaci. Quando a Belluno si moriva di “peste” spagnola

«L’attuale forma epidemica altro non è che influenza, identica a quella che già infierì, e fu felicemente superata, negli anni 1889-90, anche oggi come allora diffusa in tutte le contrade del mondo: nessun motivo quindi di particolare preoccupazione avrebbe oggi ragione di esistere più che allora non fosse». Lo scrive il presidente del consiglio dei ministri Vittorio Emanuele Orlando. Il 20 ottobre 1918. La forma epidemica è ovviamente la spagnola, arrivata dagli Stati Uniti e portata in Europa dai soldati impegnati al fronte. 

Un’epidemia che provoca morti e lutti con una frequenza spaventosa. Anche se qualcuno la mette in dubbio: non è negazionismo, è necessità di tenere gli animi tranquilli, visto che l’Italia è un paese in guerra, che si è appena ripreso dopo la tremenda disfatta di Caporetto. Quello che Orlando non sa è che quell’epidemia sarà un’alleata formidabile per l’Italia. Perché sul fronte si muore tantissimo di spagnola. Ma dalla parte austroungarica un po’ di più rispetto all’Italia. Qualche studioso dice che la differenza è causata dal differente stile alimentare (proteico quello austriaco, vegetariano quello italiano). Forse la spiegazione più semplice è che l’esercito nemico era molto più affamato e malnutrito. Fatto sta che pochi giorni dopo la missiva di Orlando, l’Italia vince la decisiva battaglia di Vittorio Veneto, anche grazie alla spossatezza del fronte austriaco, ormai decimato (e nel giro di pochi giorni viene firmato l’armistizio di Villa Giusti che chiude il primo conflitto mondiale).

Non si chiude invece l’epidemia. Quella prosegue, compagna inseparabile del famoso “an de la fam”. Quanti morti provoca? Difficile dirlo. Quasi impossibile. Perché le conte ufficiali mettono insieme le vittime della guerra, quelle delle malattie (innumerevoli le conseguenze della malnutrizione) e tutte le altre; niente di nuovo direbbero gli scettici del coronavirus, un secolo dopo: anche oggi qualcuno mette in dubbio il conto tra morti “da Covid” e morti “con Covid”. Una stima di massima parla di 400mila morti in Italia, circa 5mila nel Bellunese. Senza contare la quarta ondata della spagnola, attiva ancora nel 1922.

In alcuni paesi la mortalità fu altissima. Le fonti dicono che a Sovramonte, ad esempio, morirono in pochi mesi 150 persone. La “peste”, come la chiamavano. Tanto che il santo a cui si appellava la devozione popolare era San Rocco, protettore dalle pestilenze. Diverse le processioni e le messe in onore del santo indette nel Bellunese tra il 1918 e il 1920. Oggi non ne resta quasi traccia. 

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