Lo sport e il sociale. Ma, in fondo, si può pure trasformare la congiunzione in verbo essere: perché lo sport “è” sociale. Lo è soprattutto per il mondo Csen: il Centro sportivo educativo nazionale ha ramificazioni in tutta Italia. E il territorio bellunese non fa eccezione. Tanto è vero che la sede del Comitato provinciale è a Ponte nelle Alpi.
«Ogni giorno, da più di due mesi, ascoltiamo sequenze di numeri – spiegano i vertici Csen -: decessi, contagiati, positivi, guariti. E dietro a quei numeri ci sono persone. Oggi però vogliamo ricordare altre cifre, quelle dello sport, in particolare in Veneto: 487.915 atleti tesserati delle Federazioni nazionali e discipline associate, 5.430 società, 96.666 operatori. E mancano i numeri degli enti di promozione sportiva. Affiliati a Csen, ci sono 1.650.000 soci, dirigenti, tecnici, atleti, amatori, 15.540 associazioni Asd e Ssd, 4.300 associazioni sportive (Basi associative sportive), 2.000 associazioni promozione sociale e tempo libero».
Questa enorme comunità si è adeguata subito all’emergenza sanitaria, ma ora è allo stremo: ha bisogno di sostegno economico e di prospettiva. «Non intendiamo entrare nel merito delle analisi condotte dalla Governance, regionale e nazionale, sappiamo che la situazione è ancora difficile; ma dobbiamo dare voce e al contempo ascolto a un mondo sportivo che, soprattutto nella nostra regione, rappresenta un sostrato insostituibile, e sta rischiando la paralisi totale».
Il mondo Csen prova a guardare oltre: «È evidente che nei prossimi mesi sarà impossibile riprendere qualsiasi tipo di attività, comprese quelle sportive, a rischio zero; chiediamo di stabilire requisiti, dispositivi necessari, spazi, regole, anche rigide, ma dando la possibilità di provare a riaprire, avendo nuovamente una prospettiva per il futuro, e che sia un futuro molto prossimo, perché in questa incertezza non si può più vivere. Loro, noi, ci adegueremo in ogni modo possibile».
Non mancano le proposte concrete: «Perché non immaginare di unire esigenze e risolvere più problemi insieme? Perché non pensare a centri estivi anche in queste associazioni e non solo nelle scuole paritarie? Non c’è più tempo: Chiara, Davide, Giuliano, Giovanni, Elisa, Genni, Serenella, Walter, e con loro tanti altri, vogliono esserci, lavorare, non solo ricevere contributi, e vogliono dare servizi e salute, nella massima sicurezza per tutti. Continuando a sentirli senza ascoltarli accadrà che non potremo più udire la loro voce, la loro musica, la loro passione, e allora a quel punto avremo perso la nostra partita. E la nostra e loro missione di promozione sportiva in termini di attività, salute, comunità, rete sociale e inclusione, sarà definitivamente smarrita».