Dopo un 2021 nel segno della ripresa, nel Bellunese si prospetta un Natale 2022 sotto tono per le stelle e i fiori delle feste. Le aziende florovivaistiche registrano infatti una flessione delle vendite, mentre i costi di produzione si riflettono pesantemente sui bilanci.
«A una settimana dal Natale il giro di gente è piuttosto blando e le vendite non sono al livello degli anni migliori – sottolinea Francesco Montagnese, referente dei florovivaisti di Confagricoltura Belluno e titolare del vivaio Top Green di Feltre (in foto) -. Da un lato c’è il problema della gente che, per paura del Covid, esce poco di casa. Dall’altra c’è quello dei costi di produzione e della concorrenza delle grandi catene commerciali. Noi compriamo le talee e coltiviamo piante di alta qualità, ma chiaramente, anche alla luce dei rincari energetici e delle materie prime, tutto costa di più e i nostri prezzi sono superiori a quelli degli ipermercati, che comprano dai grossi produttori fiori di scarsa qualità a basso costo, offrendo perciò prezzi più competitivi. Così, ogni volta che arriva una festività, non riusciamo a portare a casa quella marginalità che ci consentirebbe di recuperare su periodi meno proficui. Perciò invito i nostri cittadini a uscire di casa e a venire a trovarci, per scoprire i nostri bellissimi allestimenti di Natale, passare un’ora con noi e incontrare la gente. Per quanto riguarda il problema costi-prezzi, finite le feste chiederò che si convochi un tavolo con tutti i florovivaisti per capire quale direzione prendere, cosa manca al nostro territorio e cosa fare perché ci sia rispetto per il nostro lavoro, la nostra economia e il nostro prodotto».
Conferma Claudio Previatello, vicepresidente regionale dei Giovani di Confagricoltura Veneto e florovivaista: «Quest’anno non sarà un Natale positivo. I nostri florovivaisti, in generale, hanno prodotto il 20-25% in meno di stelle e ciclamini, in quanto i rincari sono stati una botta per i bilanci. I costi delle piantine si sono impennati, così come quello dei vasi e degli imballaggi, per non parlare del riscaldamento delle serre. Fino alla fioritura le temperature vanno sempre mantenute alte: perciò è risultato più conveniente coltivare meno ciclamini e stelle o addirittura, come ha fatto qualche serra, chiudere tutto l’inverno per riaprire in primavera. Una situazione paradossale, ma spesso necessaria per salvare l’azienda».
Del resto, anche i consumi languono. «Questi dovrebbero essere giorni in cui si consumano le ruote dei furgoni per consegnare; invece, c’è molta calma – spiega Previatello -. Abbiamo mantenuto i prezzi più o meno invariati, ma la gente è in difficoltà, alle prese con bollette e rincari. La stagione, del resto, non ci ha aiutato: ha fatto caldo fino a novembre e tanti fiori sono durati a lungo sui balconi. Il caldo ha accelerato, inoltre, la fioritura dei ciclamini, così molte piante sono finite al macero. È un momento difficilissimo, nel quale l’azienda più brava non è quella che riesce a guadagnare, ma che non ci rimette. Servirebbero interventi strutturali per aiutare le aziende, come una tassazione più favorevole sui costi dei vasi, ad esempio. Gli aiuti a pioggia, come il recente intervento ministeriale, sono gocce nel mare, che poco possono fare per sostenere un settore in balia delle speculazioni in atto».
Secondo i dati 2021 di Veneto Agricoltura il numero di aziende regionali attive nel florovivaismo è leggermente diminuito, attestandosi a 1.409 unità (-0,6%). La provincia di Padova, con 434 unità (invariate) concentra il 30,8% delle aziende regionali, seguita da Treviso (315 unità, +1%) e, più distanziate, Verona (217 aziende, -2,3%) e Venezia (189 aziende, – 2,1%), che registrano anche le maggiori riduzioni. In flessione pure il numero di aziende della provincia di Vicenza (118 aziende, -1,7%), mentre Rovigo (90 aziende) e Belluno (46 unità) sono rimaste stabili.