Coltelli sguainati e bimbi trucidati nella pala d’altare: è la strage degli innocenti

Coltelli sguainati e bimbi trucidati nella pala d’altare: è la strage degli innocenti

 

La Chiesa li celebra come i santi Innocenti. La tradizione li associa alla crudeltà di Erode. La leggenda è quella della fuga in Egitto della Sacra Famiglia. E il calendario casca proprio il 28 dicembre. Cosa c’entra con Belluno? Strano ma vero: c’è una chiesetta, in montagna, con una pala d’altare che raffigura proprio la strage degli innocenti. Una copia di pregevole fattura di un’opera d’arte conservata alle Gallerie dell’Accademia.

La chiesetta è quella di Costalissoio. Sull’altare maggiore la pala porta la firma di Giovanni Battista Vicari di Valle, pittore dell’Ottocento, famoso per essere un ottimo copiatore. Nel 1858 venne commissionata propio a lui la copia di un quadro di Bonifacio de Pitati detto “il Veronese” (il soprannome è lo stesso, ma la mano è ben diversa dal pittore del Rinascimento che affrescava le ville palladiane). Il copiatore cadorino scese a Venezia, osservò il quadro dell’Accademia di Belle Arti e il risultato fu tanto soddisfacente che la copia presentava colori più vivi dell’originale, e nei decenni ha tratto in inganno parecchia gente, anche intenditori.

L’ambientazione è rinascimentale. E rappresenta proprio la strage degli innocenti. Anche con tratti crudi, tra bambini accoltellati e riversi a terra. Si tratta dell’infanticidio di massa disposto da Erode, re della Giudea, non appena seppe dai Magi della nascita di Gesù. Per non sbagliarsi, il crudele tiranno fece ammazzare tutti i bambini nati nell’anno. Secondo la narrazione evangelica, Gesù si salvò con la fuga in Egitto, e con il ritorno a Nazaret solo dopo la morte di Erode.

Ma il re di Giudea era davvero così sanguinario? Pare di sì. Molti storici antichi lo dipingono come uomo crudelissimo, tanto che di fronte al pericolo di un’usurpazione non avrebbe esitato a uccidere una moglie, tre cognati, una suocera, tre figli e alcune centinaia di oppositori. Interessante anche la testimonianza di Macrobio, secondo cui l’imperatore Augusto, avvertito della morte dei figli di Erode, disse: «Meglio essere il maiale di Erode piuttosto che uno dei suoi figli».

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