Si chiama “Salute oltre la città” il progetto promosso dall’Ulss1 Dolomiti, culminato ieri (11 aprile) nell’incontro finale al Teatro Buzzati di Belluno. Quattro tappe attraverso tutta la provincia per discutere di sanità in montagna, tema denso di criticità ma anche di spunti positivi. Un atto finale che definisce però anche un nuovo percorso, grazie alle forze messe in campo: oltre 200 i professionisti coinvolti in 20 progettualità e a confronto con amministratori, stakeholder e associazioni di volontariato.
Le difficoltà nella sanità di montagna – non è certo un segreto – non mancano, e sono state rimarcate anche negli interventi che si sono alternati. Ma emerge anche un forte senso di appartenenza – come certifica l’analisi del professor Marco Del Vecchio dell’università Bocconi di Milano. Uno spirito identitario che permette di mettersi insieme e offrire soluzioni concrete ai cittadini, soprattutto a quelli più anziani. «Quello che mi ha colpito – ha spiegato Del Vecchio – è la capacità di tutti gli attori di questo territorio di convergere e di fare rete per garantire livelli di servizio e di tutela delle persone che non risentissero delle peculiarità del territorio».
Non è mancato poi uno sguardo al futuro prossimo e alle opportunità, anche in campo sociale e sanitario, offerte dalle olimpiadi ormai in dirittura di arrivo. A partire dal potenziamento dei servizi di prossimità. Un tema affrontato in uno specifico panel, che ha analizzato a fondo il modello organizzativo previsto per l’evento a 5 cerchi.
«Questo convegno rappresenta un momento fondamentale per la nostra azienda – è il commento del commissario dell’Ulss 1 Dolomiti Giuseppe Dal Ben – È la dimostrazione concreta di come l’ascolto delle esigenze del territorio e la collaborazione tra tutti gli attori coinvolti possano portare a soluzioni innovative ed efficaci per garantire il diritto alla salute anche nelle aree più difficili da raggiungere. Le iniziative presentate sono il frutto di un percorso partecipato e riflettono il nostro impegno costante nel migliorare la qualità della vita delle nostre comunità montane». Una serie di esperienze che, continua Dal Ben, «Potrebbero diventare un modello replicabile in altre zone rurali o montane, favorendo l’uguaglianza sanitaria e migliorando la qualità dell’assistenza. Inoltre, l’approccio metodologico impiegato nei convegni potrebbe essere applicato a varie problematiche sanitarie, offrendo un modello strutturato per analizzare, elaborare, implementare e valutare soluzioni innovative».