Prostituzione in un centro massaggi, indagata donna cinese

Prostituzione in un centro massaggi, indagata donna cinese

Clienti dai 20 ai 70 anni, bellunesi e non solo, ma rigorosamente italiani. Disposti a pagare dai 50 ai 100 euro massaggi “particolari”. La 1° Sezione della Squadra mobile di Belluno, coordinata dal dirigente Jacopo Ballarin, ha sgominato ieri un giro di prostituzione in città. Camuffato da centro massaggi “Tuina” era gestito da “Silvia”: così si faceva chiamare la donna cinese di 54 anni, con dimora (fittizia) a Milano, nei confronti della quale è stato eseguito un provvedimento di divieto di dimora nella nostra provincia, emesso dal Gip su richiesta della Procura della Repubblica.

Alla donna  vengono contestati i reati relativi alla legge “Merlin” riguardanti in particolare la gestione di casa di appuntamenti e lo sfruttamento della prostituzione. Nel locale, ospitato in un appartamento in via Col di Lana erano infatti impiegate cinque donne, tra i 40 e i 50 anni, tutte di origine cinese e residenti in diverse provincia italiane, che fornivano prestazioni sessuali a pagamento.

Le ipotesi investigative, iniziate lo scorso autunno a seguito dell’osservazione di un importante e continuo viavai di clientela esclusivamente maschile, hanno trovato una prima conferma verso la fine di ottobre, quando una sera un cliente contattava il 113 asserendo di essere stato trattenuto da 3 donne cinesi all’interno del centro a causa di una lite con loro sul prezzo da corrispondere per dei massaggi. Non appena appreso dell’imminente arrivo della Polizia, le 3 donne si erano date alla fuga.

Il centro funzionava su appuntamento. I clienti potevano trovare facilmente il numero di telefono del centro in numerosi siti di incontri. A fare il primo filtraggio, dall’altra parte del telefono, la stessa Silvia. Dopo aver ricevuto la telefonata sul centralino, la donna contattava la prostituta all’interno del Tuina per avvertirla dell’arrivo del cliente. Si lavorava in orario di ufficio, da metà mattinata alle prime luci della sera, e ogni giorno si ricevevano dagli 8 ai dieci clienti.

“Silvia”, che per il resto del tempo gestiva l’attività da remoto, saliva a Belluno ogni fine del mese, in concomitanza con l’avvicendarsi delle donne, regolarmente assunte con contratto a termine, che poi avrebbero svolto l’attività. In quelle occasioni la donna raccoglieva anche i proventi illeciti. Non a caso a febbraio venne controllata alla stazione di Belluno e trovata con un trolley nel quale erano stipati 6500 euro in contanti di vario taglio. 

Altri soldi (circa 4460 euro in contanti) nascosti all’interno di un interstizio tra due radiatori sono stati rinvenuti anche durante la perquisizione dei locali, ora sotto sequestro. E nella cantina dello stabile, sempre nascoste in un’intercapedine, sono state rinvenute anche due scatole da 144 preservativi ciascuna.

Le indagini, per ora, si fermano qui, ma con ogni probabilità “Silvia”, che gestiva in autonomia l’impresa a Belluno, è parte di una rete più estesa. Il titolare della Partita Iva alla quale è intestata l’attività, ad esempio, si trova in Cina ed è destinatario di un ordine di arresto proprio per sfruttamento della prostituzione. Completamente all’oscuro dell’attività illecita, invece, sia i proprietari dello stabile di via Col di Lana, sia la persona alla quale era intestato il numero di telefono del centralino.

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