«Olimpiadi? No, grazie». A Cortina qualcuno non vuole i Giochi 2026

«Olimpiadi? No, grazie». A Cortina qualcuno non vuole i Giochi 2026

Non dite Olimpiadi. A qualcuno viene l’orticaria solo a sentire nominare il grande evento sportivo. Anche a Cortina, dove i Mondiali stanno lasciando segni importanti.

«Con ogni probabilità le Olimpiadi del 2026, se mai si terranno, saranno le ultime Olimpiadi invernali della storia moderna. Per quelle successive si dovrà attendere… la prossima era geologica» scrive Silverio Lacedelli, cortinese di nome e di residenza. Lui è uno dei contrari, come il comitato Peraltrestrade Dolomiti. Perché? Ecco spiegato.

«Manifestazioni così importanti e grandiose, oltre a comportare uno spropositato utilizzo di risorse, non sono adatte alla montagna, territorio difficile e dai fragili equilibri – continua Lacedelli -. La Comunità Europea ha segnalato che solo il 19% del territorio comunitario ha un livello sufficiente di naturalità, percentuale che dovrà venire portata almeno al 50%: distrarre altra superficie all’evoluzione naturale e ridurre ulteriormente gli spazi per i selvatici va in direzione opposta alle indicazioni dell’Europa, ma ciononostante gli appetiti di soggetti estranei alla montagna sono predominanti e hanno plagiato anche parte degli autoctoni».

«Certo, le strade di montagna sono altra cosa rispetto a quelle di pianura; sono poste in pendenza in ambienti soggetti a problemi idrogeologici e a frane. Solo chi è estraneo a queste realtà può pensare di piegare la natura come si ostina a fare nella pianura padana, ormai ridotta a un mare di strade, capannoni, case, discount, parcheggi».

E la neve? Ci sarà ancora? «Le indicazioni dei meteorologi di evitare la realizzazione di impianti sotto i 1.600 metri di altitudine non sono state recepite. Le nuove piste Col Druscié e labirinti, nonostante il danno apportato, non sono risultate funzionali, vedasi slalom paralleli, ma non solo».

Lacedelli fa il punto sui Mondiali 2021 e sulla loro eredità. «Da un calcolo approssimativo degli interventi per i Mondiali risulta che i boschi tagliati ammontano a 21,7 ettari, mentre i prati su cui si è intervenuti sommano a 6,6 ettari. Come conseguenza ci troviamo ora con 3,8 ettari di suolo definitivamente cementificato e 22,5 ettari di superficie degradata da inerbire. Alle ferite permanenti inferte al territorio di Cortina, vanno aggiunti l’inquinamento luminoso dei fari sulle pendici della Tofana, le esplosioni anche notturne delle campane radiocomandate che spaventano gli animali, il continuo sorvolo degli elicotteri, mentre è mancato il previsto utilizzo di automezzi a trazione elettrica. C’è stata una militarizzazione del territorio, con divieto di accesso alle aree a ridosso delle Tofane, la chiusura delle scuole, il sequestro dei parcheggi, la chiusura del mercato e tante altre piccole e grandi difficoltà per gli abitanti. Quali vantaggi ne hanno tratto le popolazioni locali? Un beneficio è venuto dalla temporanea chiusura ai Tir, come pure è aumentato il lavoro per operatori turistici e dipendenti, e forse c’è stato un rilancio del nome di Cortina, un po’ appannato negli ultimi tempi. Ma Cortina aveva davvero bisogno di una pubblicità di questo tipo? Un paese di 5.600 abitanti con 7.600 appartamenti, un centinaio di strutture ricettive e circa 50.000 posti letto cosa vuole di più? Le strade sono intasate dal traffico, non basta questo? Ora si attendono con preoccupazione i lavori e gli interventi per le Olimpiadi, sia quelli direttamente connessi all’evento che quelli accessori, che promettono di portare altri danni irreversibili al territorio: pista da bob, villaggio olimpico, tangenziali, strade, riqualificazione piazzale stazione, villaggio turistico Col Tondo, e chissà quanto altro ancora. Grande preoccupazione vi è per il traffico internazionale di Tir, agevolato dagli imminenti lavori, che, favorito dall’assenza di pedaggio, sceglierà la statale 51 per collegarsi con la pianura veneta, trasformando la direttrice di Alemagna in una succursale del Brennero. Sempre che prima non intervenga il collasso della nostra società…».

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