Non ci sono solo i programmi da finire: priorità ad ascolto e relazione umana

Non ci sono solo i programmi da finire: priorità ad ascolto e relazione umana

La scuola oltre la scuola. O meglio, oltre i programmi, le verifiche, le interrogazioni e i voti. Una necessità, di questi tempi. Anche se spesso (troppo spesso) invisibile. Ma non per tutti. « L’emergenza non è sicuramente terminare il programma, ma piuttosto non perdere di vista gli studenti più fragili e quelli che in questo momento attraversano crisi personali o familiari» sostiene Viola Anesin, dirigente scolastico (o meglio, come si diceva una volta, preside) dei licei Renier.

Non significa che nell’istituto di Mier non venga fatta scuola in questo periodo di coronavirus. Anzi: la scuola continua, a distanza; ma guarda alle persone più che ai libri; si occupa di umanità più che di conoscenze, nozioni o competenze. Un aspetto fondamentale. Tanto più in quarantena. E lo fa con gli strumenti della didattica a distanza: Skype, videolezioni, messaggi, telefono…«L’attività che ritengo più significativa realizzata in questo periodo è quella di ascolto e in generale di relazione – spiega la professoressa Anesin -. Tramite semplici videolezioni Skype alcuni docenti fanno parlare gli studenti della loro quotidianità, lasciando emergere la necessità di confronto con l’adulto e soprattutto con il gruppo classe, che in questo modo si rinsalda e trova conforto nell’ascolto e nella condivisione. Altra modalità, al termine delle videolezioni, è quella di lasciare un tempo a disposizione per colloqui con il singolo studente che lo richieda». Tutte attività importanti anche in contesti “normali”, ma che con l’obbligo del distanziamento fisico diventano imprescindibili.

«Sfida più difficile ancora è quella di mantenere la relazione didattica con gli studenti diversamente abili – dice Viola Anesin -. E qui gli insegnanti di sostegno e curricolari della classe mettono in campo tutta la loro creatività: telefonate, email, videolezioni quando la famiglia riesce a gestirle».

La tecnologia, insomma, aiuta. E al Renier l’hanno usata anche prima del coronavirus, per tenere i contatti con gli studenti che per lunghi periodi non potevano frequentare la normale lezione in classe. Quindi, continueranno a usarla anche dopo. Magari per gli allievi che fanno l’anno all’estero.

«Assolutamente sì – conferma la preside -. Al momento utilizziamo il registro elettronico, soprattutto nelle sue funzioni di repository di materiali e link e di agenda di classe per il coordinamento tra docenti e calibrazione del carico didattico. Inoltre, stiamo usando strumenti di didattica sincrona come Skype, Google drive per condivisione di materiali, invio e ricezione di file audio con email, e anche Whatsapp. Il quadro generale evidenzia un grande impegno dei docenti, e una positiva risposta degli studenti, che dopo il primo momento di incertezza hanno dimostrato un’ottima capacità di adattamento al contesto emergenziale. Le competenze messe in campo dalla comunità scolastica sono indubbiamente digitali, ma anche e soprattutto di relazione, autonomia e responsabilità».

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