Dopo il Covid. Nessuna delega in bianco a scienza e legge

Dopo il Covid. Nessuna delega in bianco a scienza e legge

Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista al sociologo Diego Cason su etica e responsabilità dopo Covid – 19. Nella prima parte avevamo affrontato il tema di una nuova attenzione verso gli esseri viventi nel loro complesso. Oggi la riflessione si incentra su sobrietà, turismo etico, sovrappopolamento e fallibilità della scienza.

Cambiare il nostro paradigma di relazione con il mondo, significa dover tornare indietro?

«Assolutamente no. Abbiamo un pensiero scientifico molto avanzato, ma dobbiamo usare scienza e tecnologia per il bene comune del mondo vivente, non per fare profitto individuale fine a sé stesso. Questo è il cambiamento di paradigma che ci è richiesto, non il tornare al passato. La nostra responsabilità è grande perché i mezzi a nostra disposizione sono grandi. Io so bene che la produzione di bisogni è uno dei motori dell’economia, e alcuni bisogni indotti sono utili e producono cose buone, ma serve sobrietà. Il tema non è la decrescita o il tornare alla povertà, ma la pratica di una virtù che è la sobrietà. Quando ognuno ha quello che gli basta e che lo fa stare bene, a cosa serve tutto il resto? Pensiamo alla follia dei viaggi aerei. Viaggiare è bello, ma ha senso prendere un aereo per andare 4 giorni a New York? Non vedi nulla, non impari nulla. Non sono contro il turismo, ma il consumo dei luoghi solo per costruire status, per poter dire “io lì ci sono stato” è una cosa folle che non sta né in cielo né in terra. Spero e credo, per fortuna, che questa follia non tornerà».

C’è poi il tema del sovrappopolamento…

 

«Un secolo fa eravamo 500 milioni, al mondo. Oggi siamo quasi 8 miliardi. Credo che dovremo porci seriamente il problema di porre un limite alla popolazione. Ma non lo dico perché sono un neo – malthusiano, ma per un altro motivo: se la popolazione mondiale cresce sopra i 9 – 10 miliardi, tutti quelli in più sono morti. Allora o regoliamo il nostro comportamento riproduttivo accettando la responsabilità etica di questa scelta non facile, oppure accettiamo il fatto che 1 o 2 miliardi di persone moriranno di stenti, malattie o in conflitti che faranno milioni e milioni di morti. Qual è la scelta migliore, sotto il profilo della responsabilità etica? Indubbiamente la prima, che pure pone gravi problemi, chiariamoci. Dobbiamo riflettere sul nostro comportamento riproduttivo. Non è possibile controllare le nascite attraverso l’aborto, sarà meglio praticare la contraccezione, no? Ma per arrivare a questo servirà un enorme sforzo di educazione e mezzi adeguati: un grande investimento nel bene comune trattando tutti gli esseri umani allo stesso modo. Non dando questi mezzi a chi può e chi non può si arrangi. La distribuzione ineguale della conoscenza e della ricchezza è fattore scatenante anche di questo enorme problema etico, per risolvere il quale serve una solida pratica della virtù, che al momento però non mi sembra all’ordine del giorno. Altrimenti cosa succede? Che facciamo figli e li lasciamo abbandonati a loro stessi. E’ eticamente accettabile questo? Che 800mila bambini ogni anno spariscano, 36mila solo in Italia, e che di loro non si sappia più  nulla? Eppure è quello che accade. E pochissimi se ne interessano».

Un problema amplificato dai mezzi di comunicazione…

«Le questioni all’ordine del giorno dell’opinione pubblica non sono scelte liberamente dalle persone. Da due mesi si parla solo di coronavirus. E gli altri problemi, sono spariti? Evidentemente no, ma non fanno vendere come la paura. In Italia chi si occupa di quello che accade nelle zone meno “glam” del mondo? Pochissimi, si contano sulle dita di mezza mano. Però poi ci stracciamo le vesti quando arrivano i migranti sui barconi. Ma da dove crediamo che arrivino? E perché?»

Insomma, c’è futuro o no per la nostra specie?

Il mio spirito alimenta la speranza e l’ottimismo. Dall’altro lato la mia mente e le mie conoscenze, seppur parziali, mi fanno dire che non ne andremo fuori. Sono preso tra questi due fuochi. Vorrei coltivare la speranza, però avverto le difficoltà a cambiare le cose. Scienza ed economia sono mostri che alimentano loro stessi, che hanno come unico obiettivo aumentare la loro potenza, e solo questo guida le loro scelte. La scienza, che ormai è diventato l’unico dio, è per sua definizione incerta, va per tentativi. Il pensiero scientifico ha come motore fondante il dubbio e l’incertezza, ma la sua espressione pubblica è l’onnipotenza e la crescita esponenziale della capacità di risolvere i problemi. Però la scienza risolve molti problemi, ma non tutti: basta vedere quello che sta accadendo con il coronavirus. Dare questa delega in bianco alla scienza e alla tecnologia è sbagliato e crea problemi anche dal punto di vista giuridico. Prendiamo tutti i decreti fatti in questi due mesi. Le leggi danno un orientamento generale, è normale che in certe situazioni diventano insensate. Per la sua corretta applicazione serve la responsabilità di ognuno di noi. L’esercizio dell’etica individuale deve essere fatta da ognuno, non possiamo pretendere che il governo risolva i problemi che devi risolvere tu con la tua testa. La delega della responsabilità porta alle dittature, che i problemi non li risolvono ma li acuiscono. L’uomo non può abdicare alla responsabilità che deriva dal suo grande potere. Purtroppo veniamo da 30 anni di assenza di verità. Ma le cose vanno dette. E’ vero che dovremo riprendere la nostra vita, ma farlo senza prudenza non farà che riaprire la porta alla “grande falciatrice” un’altra volta».

© Copyright – I testi pubblicati dalla redazione su newsinquota.it, ove non indicato diversamente, sono di proprietà della redazione del giornale e non è consentita in alcun modo la ripubblicazione e ridistribuzione se non autorizzata dal Direttore Responsabile.

CONDIVIDI
Articoli correlati
© 2023 NIQ Multimedia s.r.l.s. – C.F. e P.IVA: 01233140258
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Belluno n. 4/2019
Web Agency: A3 Soluzioni Informatiche
Made by: Larin
News In Quota
Torna in alto