Moto d’orgoglio dal Pelmo d’Oro 2023. «Piccola, periferica, spopolata, ma la montagna può salvare il mondo»

Moto d’orgoglio dal Pelmo d’Oro 2023. «Piccola, periferica, spopolata, ma la montagna può salvare il mondo»

I montanari sono di poche parole, di solito. Silenziosi e operosi, dediti alla fatica, all’impegno, al sudore. Ma quando parlano, sanno andare dritti al punto. Ed è quello che ha fatto ieri (sabato 29 luglio) il Pelmo d’Oro. 

L’edizione 2023 – la venticinquesima – ha portato a San Tomaso Agordino diversi pezzi di storia dell’alpinismo. Si è aperta all’internazionalità con la presenza dell’Alpine Club inglese. Ma soprattutto ha messo in fila, in maniera netta e cristallina, i temi di attualità su cui la montagna può recitare un ruolo chiave (ammesso e non concesso che la pianura e le aree metropolitane lo capiscano). Uno su tutti? Il cambiamento climatico.

Il presidente della Provincia di Belluno ha citato Stanislav Petrov, l’uomo che ha salvato il mondo dalla guerra atomica nel settembre 1983, rimanendo fermo di fronte all’allarme di possibili missili americani lanciati contro l’Unione Sovietica. Nonostante l’ordine di rispondere al fuoco, non mosse un dito. Ed ebbe ragione. Ha citato anche Paolo Cognetti, l’autore delle “Otto montagne”, in particolare il passaggio in cui si dice che la montagna non è solo «nevi e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all’altro, silenzio, tempo e misura». Insomma, i montanari sono «piccoli Stanislav Petrov, di poche parole, che sentono il frastuono intorno e sanno mantenere la calma – tempo e misura per l’appunto – sanno ascoltare i ritmi della natura» ha detto Padrin. «E che a loro modo contribuiscono a salvare il mondo dalla distruzione».

Un messaggio condiviso da Simon Richardson, presidente dell’Alpine Club inglese (il primo club alpino al mondo), che ha seguito tutta la cerimonia, prima di ritirare il premio attribuito alla sua organizzazione. Un messaggio che è partito dalla maestosità del Pelmo – scalato venerdì pomeriggio proprio da Richardson –  e si è legato al profondissimo collegamento tra l’Alpine Club e il “caregon del Padreterno”. Sì, perché il Pelmo, prima vetta esplorata delle Dolomiti dall’alpinismo ottocentesco, è stato scalato per primo da John Ball, il 19 settembre 1857. E tre mesi esatti più tardo, John Ball ispirò a Londra la fondazione dell’Alpine Club.

Non è mancata una stoccata ai frequentatori incauti della montagna, a chi sale in infradito, a chi si improvvisa scalatore. «Ai ragazzi dico che bisogna imparare a salire in quota, fin dalla preparazione dello zaino» ha sottolineato Renato Frigo, presidente Cai Veneto. «Perché la verticalità non è uno scherzo e la fatica neppure: la montagna non è un allenamento in palestra, che quando si è stanchi si va negli spogliatoi a farsi la doccia». 

I PREMIATI

All’Arena 1082 di San Tomaso, di fronte a oltre 400 persone ammaliate dal racconto degli alpinisti, estasiate dalla voce del tenore Domenico Menini e dai balli del Gruppo Folk Bati orz, sono stati premiati Roberto De Martin e Oscar De Bona, inventori del premio Pelmo d’oro nel lontano 1998.

Santiago (Santi) Padròs ha ricevuto il premio per l’alpinismo in attività, Alessandro Masucci per la carriera alpinistica, Italo Zandonella Callegher per la cultura alpina. Il Premio Speciale Dolomiti Patrimonio Mondiale è andato all’inglese Alpine Club, primo club alpino del mondo, mentre il premio speciale “Giuliano De Marchi” è stato assegnato alla memoria di Silvana Rovis.

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