«Se mancano i medici di base, di famiglia, e anche i medici negli ospedali, intervenga la politica e decida di alzare il numero di specializzazioni». È l’appello di Uncem.
L’Unione nazionale Comuni ed enti montani registra con preoccupazione la carenza di medici in montagna. Sempre più zone dei paesi alpini e appenninici infatti registrano l’assenza di dottori. Anche in provincia di Belluno il problema è pressante. E accelera lo spopolamento.
«Sembra che dalla pandemia abbiamo imparato poco. E di medicina territoriale si parla pochissimo ormai» sottolinea il presidente Uncem, Marco Bussone. «Basti pensare i tentativi maldestri e poco sensati di continuare ad affidare strutture ai privati. Le conseguenze sono gravi e le sperequazioni aumentano le disuguaglianze. Il sistema pubblico è ancoraggio per la salute pubblica. Ma parallelamente, se i medici di medicina generale vengano ritenuti importanti per gestire cronicità e dare risposte immediate alle famiglie in materia di sanità, si potenzino aumentando il numero delle specializzazioni universitarie. I concorsi regionali inseriscano più posti. Quanti ne servono? Impossibile dirlo. Se oggi ogni medico di medicina generale potesse avere 1.500 mutuati gestiti nelle valli alpine e appenniniche, e 2.000 nelle zone urbane, allora si può ragionare in prospettiva».
Uncem va dritto al punto: quale futuro per i medici di base? «Occorre valutare un passaggio di tutti i medici di medicina generale sotto le Asl di competenza. Sia quelli di famiglia, sia le guardie mediche. I numeri dei pazienti di quelli di famiglia in montagna vanno abbassati. Lo deve fare il Ministero. Ma se non si alzano i numeri di specializzazioni, non si va lontano. Se escono troppo pochi medici dalle università, perché non incentivati a scegliere quel percorso, il Ministero metta mano al problema. E condivida dati e proiezioni con gli enti locali e le Regioni».