Ivano, gelatiere a Ettlingen: «Germania, sei in ritardo. Il virus fa paura anche qui»

Ivano, gelatiere a Ettlingen: «Germania, sei in ritardo. Il virus fa paura anche qui»

 

No, non è un momento facile per nessuno. Nemmeno per quei bellunesi che vivono all’estero e che, da lontano, vedono i loro cari, i loro amici e le loro montagne “in quarantena”. Come Ivano Renon. Il quale, assieme al fratello Roberto, gestisce una gelateria nella splendida cittadina di Ettlingen, a una decina di chilometri di distanza da Karlsruhe: l’Eiscafé Pierod. Oltre a deliziare il palato dei tedeschi con dell’ottimo gelato artigianale, Ivano è un marito e un padre, con radici profonde nella sua terra natale. E il Coronavirus ha inevitabilmente offuscato anche la sua serenità. Sua e di tanti bellunesi nel mondo: «All’inizio avevo preso la questione sotto gamba – racconta -. In fondo, la Cina è lontana e poi il virus ci era stato presentato come una normale influenza, solo un po’ più “esotica”. Ora ovviamente il quadro è cambiato e sono orgoglioso del modo in cui gli italiani stanno affrontando la situazione». 

Com’è il quadro in Germania? 

«Sono preoccupato, la Germania poteva prendere esempio da quanto successo in Italia e agire in anticipo. Ma lo ha fatto soltanto in parte. La fiamma si doveva spegnere sul nascere e invece il rischio è che diventi un incendio». 

Quali precauzioni sono state prese? 

«Da martedì le scuole verranno chiuse fino al termine delle vacanze di Pasqua. E hanno abbassato le serrande alcuni esercizi commerciali, le discoteche, i pub, i musei. Però le gastronomie sono aperte. Insomma, sono scelte a metà strada rispetto a quelle italiane». 

Timori in relazione all’attività in gelateria? 

«Sì, perché siamo in colpevole ritardo rispetto alle contromisure da adottare. E il paradosso è che mi sento più tranquillo dal punto di vista economico, che da quello sanitario». 

Come si racconta il virus a due figli? 

«Con sincerità, come facciamo sempre io e mia moglie Ariane. Hanno capito che devono lavarsi bene le mani, non toccarsi naso, occhi, bocca. E che le persone più vulnerabili possono perdere la vita. Ma sono bambini e, giustamente, vivono la quotidianità con spensieratezza». 

Un messaggio da inviare ai bellunesi? 

«Vedrete che andrà tutto bene, vi sono vicino. Non lo nascondo, provo grande tristezza per la mia terra: dopo Vaia, non ci voleva un’altra tragedia. Serviranno tempo, sacrifico e sudore, ma la provincia di Belluno si rialzerà». 

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