C’è una montagna che trema. Ma non di freddo. Indipendentemente da come andrà il meteo – se cadrà più o meno neve naturale – lo sci potrebbe rimanere fermo al palo. O aumentano i costi degli skipass (ammesso che gli sciatori abbiano soldi in tasca, con la crisi che avanza), o tanto vale chiudere. Perché il rischio è di lavorare in perdita.
L’allarme arriva da Anef. L’associazione nazionale esercenti funiviari si è riunita in assemblea, qualche giorno fa, per fare il punto sul futuro prossimo e per lanciare un messaggio forte e chiaro alla politica: «Mai come oggi è essenziale che la politica guardi alla montagna e lo faccia in maniera concreta, scevra da ideologie, capendone le esigenze e sostenendo uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale ma anche sociale ed economico».
ALLARME: CARO ENERGIA E INFLAZIONE
Il problema del momento è peggiore di quello di due inverni fa, quando in pieno lockdown per Covid, gli impianti di risalita furono costretti a rimanere fermi. Il costo dell’energia elettrica infatti è insostenibile.
«Le bollette sono aumentate di 5 volte, se apriamo in queste condizioni saremo certi di operare in perdita – spiega Massimo Fossati, presidente di Anef Lombardia, vice presidente Anef nazionale e titolare degli impianti dei Piani di Bobbio –. Si pone seriamente il tema della sostenibilità economica, per pareggiare gli aumenti dovremmo proporre skipass aumentati del 20/25%, cosa che chiaramente non faremo, ma serve a dare una dimensione del problema».
«Se soffrono la perdita di potere d’acquisto delle famiglie le ski-aree più grandi e strutturate, con clientela internazionale, pensate alla situazione delle località appenniniche, dove si vive di turismo di prossimità», è il grido d’allarme che lancia Luciano Magnani, presidente del Consorzio Cimone e dei maestri di sci dell’Emilia. Ma la situazione appenninica è la stessa di Nevegal e Croce d’Aune, stazioni sciistiche di media montagna.