Il poema del 1927 ritrovato in soffitta: la storia di “Das Magische Auge”

Il poema del 1927 ritrovato in soffitta: la storia di “Das Magische Auge”

Si intitola “Das Magische Auge”: è un poema del 1927, scritto dal misterioso e sconosciuto Claudio Giuseppe De Donà. Ed è stato ritrovato nel 2019, in una soffitta a Belluno. 

Ora che è venuto alla luce, il testo verrà presentato martedì 31 gennaio, ore 18, alla Libreria Tarantola. Interverranno l’autore del fortuito ritrovamento, il poliedrico artista Gianni Carlin, che ha trascritto e pubblicato il manoscritto, e lo storico Jacopo De Pasquale, al quale si deve una contestualizzazione storica sulla città tra le due guerre mondiali in apertura del volume. Si tratta di un libro originale e curioso, strutturato come un vinile, con un lato A in cui il lettore può leggere il poema del De Donà, e – capovolgendolo – un lato B, una raccolta di poesie di Carlin. Lo stesso titolo – che tradotto dal tedesco significa “l’occhio magico” – è un termine legato alle vecchie radio a valvole.

L’inedito poema è suddiviso in diciassette stanze ed è scritto con verve e con un linguaggio poetico ispirato all’avanguardia dadaista, caratterizzato da uno stile pungente, satirico e provocatorio e arricchito di multiformi citazioni (dalla fisica quantistica alla musica): ne deriva pertanto un prodotto letterario estremamente insolito e non comune per il panorama artistico e culturale della Belluno degli anni ’20. Nulla sappiamo del suo autore, se non le date di nascita e di morte (1892-1944), ma sicuramente egli era sensibile alle novità internazionali e aggiornato sui contemporanei stimoli culturali e filosofici. Una personalità, dunque, sfuggente e per questo intrigante. 

I versi «si susseguono come rapidi lapilli di lava» e affrontano «con raffinata ironia e un cinismo quasi disarmante» (usando l’espressione di Rosalba Bulfoni nella prefazione) una molteplicità di temi, anche spinosi, che malgrado la distanza temporale si rivelano estremamente attuali: dall’egoismo sfrenato al perbenismo ipocrita della società borghese, dall’antimilitarismo al disprezzo per la religione, all’indomani del trauma della Grande Guerra e sullo sfondo dell’affermarsi del Fascismo, visto con insofferenza. Si entra così nel guazzabuglio di pensieri di un bellunese di cent’anni fa in una Belluno del passato, messa in continuità e in dialogo con quella presente, grazie alla produzione lirica del poeta-musicista Carlin, che si diverte con le parole e fa emergere tutto il loro potenziale comunicativo ed espressivo. Come viene precisato all’inizio, «leggendo il poema ho trovato delle affinità sia di pensiero che di stile con De Donà, per questo mi sono permesso di accorpare il suo lavoro al mio, pur rimarcando che si tratta di due identità ben distinte».

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