Il paese dei due ministri e il Paese reale: il paradosso delle aspettative

Il paese dei due ministri e il Paese reale: il paradosso delle aspettative

“Andrà tutto bene”. Un anno fa, di questi tempi, il messaggio risuonava dalle finestre e dai balconi di tutta Italia. Dodici mesi dopo, il messaggio rimane, sbiadito e logoro, tra Trichiana e Mel. I lavoratori di Ideal e Acc se lo dicono, forse: andrà tutto bene. Ma forse qualcuno ha smesso di crederci. Non loro. Le “tute blu” con tenacia quasi eroica resistono. All’Acc lavorano quasi consapevoli che a marzo probabilmente non arriverà lo stipendio. Alla Ideal sanno che la situazione è drammatica e lo spettro della chiusura aleggia sullo stabilimento. Ma continuano a fare quello che devono fare. Chi forse ha smesso di crederci sta a Roma, lontano dalla Valbelluna.

Ma questo è il paradosso. Il paese che ha dato due ministri al governo Draghi (nessun altro Comune, neanche le grandi metropoli, ha due rappresentanti a Palazzo Chigi) è proprio quello in cui rischiano di chiudere le due imprese principali. Le aspettative bellunesi riposte in Daniele Franco (titolare dell’economia) e in Federico D’Incà sono altissime. La realtà però è che il Paese ha dinamiche diverse dalle attese della gente di paese.

Bisogna andare indietro di qualche secolo per trovare una vicenda simile. E spostarsi a est. Nei Balcani per la precisione. A Visegrad, un villaggio a un centinaio di chilometri da Sarajevo. Nel 1516, una mattina di novembre, arrivano i soldati del sultano ottomano e come è abitudine prelevano tutti i bambini del paese. Finiranno a lavorare i campi dei contadini turchi; solo alcuni diventeranno soldati e guerrieri. Ma tra i bambini di Visegrad ce n’è uno che spicca per intelligenza e capacità. Viene portato a palazzo dove diventa Mehmed Pascià Sokollu (storpiatura del nome serbo Sokolovic), gran visir del sultano e kapudan pascià dell’impero ottomano. In pratica la figura militare e politica più importante dopo il sovrano turco. Da cristiano ortodosso diventa musulmano e si imbeve di valori e cultura ottomani. Ma non dimentica il suo paesello. A Visegrad, qualche decennio dopo, Mehmed Pascià fa costruire un ponte sul fiume Drina, la più grande infrastruttura che il villaggio abbia mai avuto, indispensabile per evitare agli abitanti di macinare chilometri e chilometri per attraversare il corso d’acqua.

Altri tempi, altre culture si dirà. Oggi le vicende dell’Italia richiedono visioni globali e non spinte particolari. I ministri, benché bellunesi, sono chiamati a scelte e misure per il Paese più che per il paesello. Resta però il problema enorme per Mel e Trichiana, e per l’intera Valbelluna. Perché in Acc e Ideal lavorano circa 700 operai. Altrettante famiglie rischiano di restare senza reddito. Questa sì è una questione che va oltre il paesello. Economica, sociale, di futuro. E non basta dire “Andrà tutto bene”. Non più.

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