Metti una seduta alla Camera. In un giorno qualsiasi di ordinaria amministrazione. A inizio dicembre, nel bel mezzo della pandemia e di un Paese che muore. Di Covid, di crisi economica, di effetti del lockdown, di carenza di ossigeno…
Dagli scranni si alza un deputato, che è anche sindaco di un Comune bellunese da quasi 1.600 anime. Prende la parola e parla di migranti. Tema dicembrino, covidizio, pandemico di certo.
«Noto la mancanza di rispetto verso il nostro lavoro» l’esordio. Poi va dritto al suo di lavoro. Di sindaco. «Riporto un esempio del mio Comune, dove finché ci sarò io non permetterò più che arrivino i migranti. Nel 2017 ci sono stati imposti una ventina di clandestini, in un paesetto di 300 abitanti».
Caspita: 20 migranti su 300 abitanti sarebbe un numero pazzesco. Ma il sindaco non farebbe meglio a chiedere un confronto con i suoi dipendenti dell’ufficio anagrafe? O cercare su Google, ancora più facile. Perché tra 1.600 abitanti e 300 c’è una bella differenza. La stessa che passa tra lo stipendio da sindaco e quello di parlamentare della Repubblica. Già, cronache dal Paese(tto) reale.