Il cambiamento climatico e l’incidenza sulla fauna selvatica

Il cambiamento climatico e l’incidenza sulla fauna selvatica

Il narciso è una specie che oggi fiorisce ad altitudini impensabili fino a qualche decennio fa. L’avanzamento del bosco ha agevolato il ritorno del lupo e l’abbandono della montagna a causa dello spopolamento ha fatto arrivare nel Bellunese la lontra. Sono solo alcuni degli effetti del cambiamento climatico sulla biodiversità presentati ieri (15 aprile) a Longarone Fiere, in occasione della 21. edizione di “Caccia, pesca, natura”.

La Provincia ha curato un convegno tecnico sulla relazione tra cambiamento climatico e biodiversità, che ha visto la partecipazione del Parco nazionale Dolomiti bellunesi e una folta rappresentanza di studenti dell’istituto agrario “Della Lucia” di Vellai. Il tema del climate change è stato discusso con un taglio fortemente scientifico, attraverso la relazione di Lara Marinangeli (dottore di ricerca all’Università di Parma e ricercatrice della Fondazione Mach di Trento), che ha spiegato il suo progetto di monitoraggio relativo alla conservazione della lepre bianca sulle Alpi italiane. Uno studio che sta cercando di capire come questo animale reagisca al cambiamento climatico in atto e ben visibile sia nell’aumento delle temperature sia nella diminuzione drastica della copertura nevosa invernale, habitat tipico della lepre bianca. Le ultime campionature saranno raccolte nel giro di qualche settimana, mentre gli esiti del progetto saranno elaborati nei prossimi mesi.

Approccio scientifico anche da parte di Michele Cassol, esperto naturalista, che ha presentato la rivista “Frammenti”, edita dalla Provincia con la collaborazione del Parco e della Regione. Una pubblicazione annuale di carattere scientifico giunta alla dodicesima edizione. 

La Polizia Provinciale ha portato il suo contributo, spiegando come la tecnologia venga in aiuto alla carenza di personale che negli anni ha ridotto gli agenti da 42 a 19 unità. Oggi termocamere e droni (sono 6 gli agenti abilitati) aiutano l’attività di controllo a tutela della fauna selvatica.

IL CONTROLLO DI CORVI, CORNACCHIE E CINGHIALI

Sempre a Longarone, ma venerdì 14, la Provincia ha presentato i piani di controllo della fauna selvatica che arreca danni alle colture. E ha raccolto diversi spunti da parte delle associazioni di categoria agricole. «L’obiettivo è rinsaldare sempre di più il rapporto sinergico tra mondo venatorio e mondo agricolo, con la finalità di prevenire i danni alle colture e dare una mano al settore primario, che costituisce un presidio irrinunciabile della montagna. E la Provincia, attraverso l’attività di coordinamento e controllo del suo corpo di Polizia, è l’anello di congiunzione ideale» ha detto in apertura il presidente Roberto Padrin. «L’ex consigliere Franco De Bon aveva avviato il “tavolo verde”, costituendo un sistema di lavoro di squadra perfetto. Ora dobbiamo proseguire su quella traccia, a beneficio non solo di agricoltori, allevatori e cacciatori, ma dell’intero territorio».

Il convegno si è concentrato sul controllo in particolare di due specie molto impattanti sulle attività agricole: i corvidi (corvi e cornacchie) e il cinghiale. Per i primi è previsto un piano con diverse misure possibili, fino all’abbattimento. Per il secondo, specie non autoctona e soggetta a rischio sanitario per la diffusione della peste suina, è contemplata l’eradicazione. Negli ultimi mesi l’amministrazione provinciale ha organizzato corsi abilitanti per nuovi operatori addetti al controllo, che hanno formato oltre 250 persone sul fronte dei corvidi.

Nel 2022 sono stati 574 gli abbattimenti di cinghiale (in calo rispetto ai 1.033 del 2021), mentre nei primi tre mesi del 2023 su 431 uscite di operatori autorizzati sono stati registrati 82 abbattimenti.
Per il futuro, la Provincia sta studiando una app dedicata per le uscite di controllo faunistico, così da facilitare il flusso informativo e agevolare l’azione degli operatori, anche attraverso una bacheca elettronica unica e un portale informativo per la raccolta e l’analisi dei dati. 

Dalle associazioni agricole (Coldiretti, Cia e Confagricoltura) è arrivata la richiesta di intensificare le azioni di controllo. E di attivarne di nuove anche per altri ungulati, oltre al cinghiale, in particolare il cervo. Tra gli auspici, anche quello di creare un centro lavorazioni carni per valorizzare la selvaggina.

«Oggi abbiamo una emergenza – hanno detto Diego Donazzolo (Confagricoltura), Michele Nenz (Coldiretti) e Rio Levis (Cia) -. Gran parte del territorio è abbandonato e l’alleanza tra mondo venatorio e agricoltura è importantissima per riprendere in mano ampie aree della montagna». 

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