I cinghiali spadroneggiano in Valbelluna: 30mila euro di danni in una sola notte

I cinghiali spadroneggiano in Valbelluna: 30mila euro di danni in una sola notte

Campi devastati. E oltre 30mila euro di danni.

Conto salato per gli agricoltori. Perché il mais appena seminato e spuntato dal terreno è stato divorato dai cinghiali. È successo tra Sedico e Santa Giustina, non più tardi di qualche notte fa. Una devastazione che ha colpito principalmente le aziende agricole di Stefano Catani e Giuseppe Varotto, anche se nei dintorni altri hanno registrato danni alle colture, seppur minori.

Stefano Catani ha un’azienda di seminativi vicino al Boscon, dove pare si siano stanziati gli ungulati. «Mi hanno divorato 10 ettari di mais seminato venti giorni fa – racconta -. Hanno scavato alcune file rivoltandole come fa l’aratro. È tutto pulito, non c’è più niente. Qualcuno ha contato 50-60 cinghiali tra Sedico, San fermo e Salce. Sono invisibili di giorno e di notte fanno razzie. Tra risemina e mancato guadagno il danno è di circa 1.000 euro a ettaro. In più c’è da mettere in conto il ritardo nello sviluppo delle colture e anche il fatto che il mais lo uso anche come mangime per le vacche da latte».

Danni simili anche per Giuseppe Varotto, che ha parecchi ettari di seminativi tra Sedico e Santa Giustina. «I cinghiali hanno distrutto otto ettari di mais a Sedico, altri dieci ettari tra Sedico e Santa Giustina e ulteriori tre ettari a Santa Giustina – spiega l’agricoltore -. In più, nella zona di Limana, altri cinque ettari sono stati fatti fuori dai corvi. La Provincia ci ha dato delle gabbie per catturare i volatili, mentre per i cinghiali siamo completamente indifesi. Bisognerebbe fare delle battute di caccia e sparare un microchip a uno del branco, per riuscire a seguirli negli spostamenti e individuarli. Se non riusciamo a fare questo, si moltiplicheranno a dismisura e non potremo più seminare nulla».

Ma l’agricoltura di montagna è funzionale anche alla cura del territorio e al contrasto della crisi demografica. Non seminare più nulla significa perdere pezzi di territorio e dare il via libera allo spopolamento. «Questo proliferare di fauna non è una benedizione, perché stiamo trasformando questa provincia in un luogo non più abitabile: tra lupo, cervi, cinghiali non si può più vivere e lavorare – attacca Diego Donazzolo, presidente di Confagricoltura Belluno -. Acquistiamo terreni, lavoriamo, li sistemiamo e ci devastano tutto. Chi paga? Chi ci risarcisce? È una questione di volontà politica, che attualmente è assente».

© Copyright – I testi pubblicati dalla redazione su newsinquota.it, ove non indicato diversamente, sono di proprietà della redazione del giornale e non è consentita in alcun modo la ripubblicazione e ridistribuzione se non autorizzata dal Direttore Responsabile.

TAG
CONDIVIDI
Articoli correlati
© 2023 NIQ Multimedia s.r.l.s. – C.F. e P.IVA: 01233140258
Testata giornalistica registrata al Tribunale di Belluno n. 4/2019
Web Agency: A3 Soluzioni Informatiche
Made by: Larin
News In Quota
Torna in alto