«Settimane a casa, a seguire le lezioni davanti al pc. Poi, al rientro in classe, caterve di compiti e interrogazioni. Che desiderio potrebbe avere mia figlia di tornare a scuola?». Ce lo chiede una mamma. Ma probabilmente se lo chiedono molti altri genitori. La domanda di fondo è sempre la stessa: dove sta il cortocircuito della didattica a distanza?
«Ho appena terminato i consigli di classe di mia figlia in prima superiore, a cui ho presenziato in qualità di rappresentante dei genitori» premette la mamma, una delle tante.
«Mi sono fatta portatrice di una difficoltà che ho percepito negli studenti durante la didattica integrata, svolta nell’istituto alternando settimane in presenza a settimane a distanza. Vale a dire l’assedio di verifiche e interrogazioni durante i giorni trascorsi in classe. Ho chiesto se non fosse possibile trovare una mediazione. Ho chiesto che vengano prese in considerazione anche le fragilità dei ragazzi, in un anno che è difficile per tutti, insegnanti, genitori e studenti. Un insegnante mi ha risposto, e qui cito: “Ad aprile, quando rientreranno, che si preparino ad affrontare una verifica al giorno, perché la valutazione tramite didattica a distanza non ha nessun valore”. Allora io mi chiedo: che desiderio potrebbe avere mia figlia di 14 anni di tornare a scuola? Cosa potrebbe spingerla a uscire di casa alle 7 di mattina, prendere la corriera e immergersi nella socialità che le è stata tanto a lungo negata (e che da più parti viene descritta come il danno più grave inferto a questa generazione)? Cosa posso fare io genitore per convincerla che è del tutto normale che la scuola voglia innanzitutto esprimere delle valutazioni in termini numerici sulla sua effettiva preparazione, per poi prendere in considerazione eventualmente in un secondo momento il suo benessere psicofisico?».