La Val di Zoldo piange la scomparsa di Guglielmo Salviato. Per tutti, “Memo”.
Aveva 85 anni ed era una luce per la Val di Zoldo: un uomo del fare. Ma soprattutto un uomo buono. Profondamente buono. Lo era a tal punto che nel 1991 la Commissione diocesana, presieduta dall’allora vescovo Maffeo Ducoli, ha assegnato a “Memo” e alla sua famiglia il “Premio della Bontà”.
Penultimo di 12 fratelli, è nato a Mirano (in provincia di Venezia), dove esercitava il mestiere di barbiere. O meglio, “l’arte di Figaro”, come amava definirla lo stesso Salviato. Il destino lo porterà poi a Longarone. E nello Zoldano: «Un giorno, avido di conoscenze geografiche e umane – ha raccontato al Centro studi sulle migrazioni “Aletheia” – inforcai la bicicletta e raggiunsi, con non poca fatica, Forno di Zoldo. La gente che avevo incontrato, lo splendore delle rocce arabescate dal sole mi affascinarono. Fu proprio in quel periodo che il barbiere del luogo, Liberale Santin, abbandonava l’attività per cercare un miglioramento finanziario in Germania. Rilevai l’attività a Dozza, in un ambiente angusto. In seguito, un altro barbiere del luogo chiudeva la sua attività, proprio in piazza a Forno di Zoldo. Senza esitazioni presi sotto la mia guida questa nuova attività. Ero giovane e ricco di speranza».
Nel 1961 sposa Mariliana e, come diversi suoi compaesani, si trasferisce in Germania: iniziano le stagioni da gelatiere. Una dietro l’altra. Fino al 2001, quando, per stare vicino alla figlia (la meravigliosa Eleonora), decide di tornare a casa. E casa, per “Memo”, è e sarà sempre Zoldo.
«Conosciuto e stimato – lo ha ricordato il sindaco, Camillo De Pellegrin – lascia un vuoto nella nostra comunità. Sentite condoglianze alla famiglia».
