Via alle vaccinazioni nelle farmacie, ma nel Bellunese saranno in poche ad aderire.
Il motivo? Lo spiega il presidente di Federfarma Belluno, Roberto Grubissa: «Qui non ci sono le condizioni per assicurare il servizio, benché a noi stia molto a cuore – le sue parole -. In provincia la categoria è rappresentata da piccole realtà, sparse e presenti anche nei paesi più piccoli della parte alta della provincia, dove opera un solo farmacista e gli spazi sono ridotti. Quasi nessuno ha la disponibilità ad avere la presenza di un infermiere e sono molte le farmacie che operano all’interno di comunità di poche migliaia, se non centinaia, di persone. Un servizio come quello della somministrazione del vaccino anti Covid richiede un’organizzazione e una strutturazione che, insomma, i piccoli farmacisti di montagna non hanno».
«Partiamo dalle location – spiega Grubissa -. I locali adibiti alla vaccinazione, per chi non allestisce una tenda all’aperto, devono avere un’entrata e un’uscita separate e questo non è un criterio così frequente. In secondo luogo le dosi e la necessità di non sprecare niente: ogni fiala contiene 10 somministrazioni che devono essere utilizzate entro sei ore dall’apertura, questo significa dover organizzare con precisione un calendario di prenotazioni per assicurare di avere un via vai tale da non dover buttare il prodotto. Nei piccoli paesi non è detto si riesca, il rischio di sprecare dosi è alto e questo non lo vuole nessuno. Infine il rischio di effetti collaterali nel paziente, non gestibili in farmacia». Alla Regione la categoria aveva chiesto, mesi fa, la presenza di un’auto medica a supporto dell’attività di vaccinazione, ma un conto è mettere il mezzo a disposizione delle province di pianura, un altro è farlo nel Bellunese dove il territorio è ampio e ci sono zone difficilmente accessibili: «Ma non ci tiriamo indietro, anzi, molti di noi sono disponibili a prestare servizio volontario negli hub sparsi in provincia».