Il boom degli affitti, le tasse che incombono inesorabili, le bollette, il ricambio generazionale che manca. Ma anche la concorrenza della grande distribuzione e il successo del mercato elettronico. Sono tante le cause. L’effetto però è uno solo: il tracollo dell’artigianato. In dieci anni l’Italia ne ha persi 300mila. A livello bellunese si sfiorano le 1.400 serrande abbassate. Un’emorragia continua che sta colpendo, in particolar modo, l’artigianato tradizionale, quello che con la sua presenza, storia e cultura ha contrassegnato, fino a qualche decennio fa, tantissime vie delle città e dei paesi di provincia.
I DATI
A scattare la fotografia di una situazione tutt’altro che felice è l’ufficio studi della Cgia di Mestre. I dati sono inequivocabili, e raccontano quello che si può vedere a occhio nudo anche in centro a Belluno, con vetrine vuote e negozi sfitti, e in tantissimi piccoli Comuni della montagna, dove il venir meno dell’artigianato ha comportato lo scivolamento a valle dei servizi.
A livello territoriale, le province più colpite dalla riduzione del numero degli artigiani sono state Rovigo (-2.187 pari a una variazione del -22,2%), Massa Carrara (-1.840 pari a -23%), Teramo (-2.989 pari a -24,7%), Vercelli (-1.734 pari a -24,9%) e Lucca (-4.945 pari a -25,4%). Belluno si piazza al 32° posto, con una riduzione 1.373 attività negli ultimi anni: gli artigiani erano 7.728 nel 2012, sono 6.355 nell’ultima analisi della Cgia datata al 31 dicembre 2021. Significa -18%.
MESTIERI IN VIA D’ESTINZIONE
Sono molti i mestieri artigiani in via di estinzione e le cause che hanno provocato questa situazione sono molteplici: innanzitutto sono cambiati i comportamenti d’acquisto dei consumatori, dopodiché le nuove tecnologie hanno spinto fuori mercato tante attività manuali e la cultura dell’usa e getta ha avuto il sopravvento su tutte le altre.
L’ufficio studi della Cgia individua alcuni mestieri artigiani più a rischio di altri. A partire dai calzolai e dai corniciai, quasi scomparsi. Se la passano male anche fabbri, falegnami, ricamatrici, sarti, vetrai, tipografi e impagliatori. Ma la lista è lunga.
In aumento invece le attività delle aree appartenenti al benessere e all’informatica. Acconciatori, estetisti, massaggiatori e tatuatori non sono in via d’estinzione. Esattamente come i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media. «Purtroppo – rileva la Cgia -, l’aumento di queste attività è insufficiente a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico, con il risultato che la platea degli artigiani è in costante diminuzione».