Spade bellunesi, ad aprile l’esposizione a Palazzo Fulcis

Spade bellunesi, ad aprile l’esposizione a Palazzo Fulcis

Il traguardo è fissato: Pasqua, o giù di lì. Giorno più, giorno meno, tra poco più di un mese a Palazzo Fulcis sarà possibile ammirare le testimonianze di quello che, a cavallo tra ‘500 e ‘600, è stato di fatto un proto – distretto industriale che rese il Bellunese noto in tutto il mondo allora conosciuto.

Parliamo delle 29 spade bellunesi arrivate al tramonto del 2020 dalla collezione del museo Correr di Venezia, nell’ambito del progetto Interreg “Spade di leoni e aquile”.  Da alcune settimane i manufatti (scelti con cura per tipologia, storia e funzione) sono in cura dalla restauratrice Beatrice Falconi. Ci vorranno ancora alcuni giorni, poi le spade, rimesse a nuovo, saranno esposte in vetrine dedicate e troveranno posto in un’ala del museo Fulcis.

Come detto, per l’inaugurazione ufficiale bisognerà attendere la Pasqua. Ma già a fine marzo verranno organizzate delle visite guidate, sino a ridosso dell’apertura. E dopo non mancheranno gli eventi promozionali, in diversi punti del centro storico.

«Dopo oltre 20 anni di trattative con i musei veneziani finalmente abbiamo raggiunto l’obiettivo – spiega l’assessore alla cultura di Belluno, Marco Perale – raccogliendo questi preziosi pezzi in un contenitore meraviglioso come il museo Fulcis». Per ora i 29 pezzi sono concessi in comodato. Ma, auspica Carlo Cavalli, curatore del museo – «Speriamo possano diventare a tutti gli effetti una collezione permanente».

Le operazioni di restauro hanno anche permesso di riportare alla luce elementi interessanti, come gli stemmi nobiliari delle famiglie veneziane incisi sulle armi: veri e propri segni di riconoscimento in battaglia. Il nucleo presente al Fulcis comprende armi in asta, spade, schiavone, schiavonesche, stocchi e pugnali.

Quella delle spade, nel Basso Medioevo era una vera proto – industria bellunese. Merito delle miniere (come quella del Fursil, a Livinallongo) che fornivano metalli di qualità eccelsa, e dei boschi, che non facevano mancare il prezioso carbone di faggio. E poi l’acqua, tanta e abbondante: solamente lungo l’asta del torrente Ardo si contavano, tra ‘500 e ‘600, oltre 20 fucine. Alle quali si aggiungevano quelle in Valbelluna. Ma la filiera si spingeva fino a Vittorio Veneto e Maniago. Una stima parla di circa 72mila spade partite da Belluno con destinazione Scozia e Inghilterra.

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