Si scrive autonomia, si legge privilegi. La storia di Trento e Bolzano

Si scrive autonomia, si legge privilegi. La storia di Trento e Bolzano

I riflettori di mezza Italia sono puntati sull’autonomia differenziata. E c’è chi l’autonomia ce l’ha da decenni e teme di poter perdere il privilegio. Anzi, i privilegi, al plurale. Difficile usare termini diversi per descrivere la possibilità di tenersi il 90% di Irpef, Ires, Iva e accise carburanti. 

Per Trento e Bolzano è così. Praticamente da sempre. Le due province autonome si tengono la quasi totalità delle imposte. Certo, usano queste risorse per pagare sanità, assistenza sociale, trasporti e viabilità locale, e istruzione (vale a dire gli stipendi degli insegnanti). Ma lo Stato paga tutto il resto: giustizia, forze dell’ordine, infrastrutture di livello nazionale, servizi Inps e funzionamento della macchina amministrativa. A conti fatti – e li ha fatti per davvero l’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani – lo Stato non risparmia con l’autonomia di Trento e Bolzano (come non ha vantaggi particolari dagli altri territori autonomi, Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia). Ma intanto gli autonomi hanno risorse doppie: quelle che lo Stato versa per pagare i servizi, più quelle che restano sul territorio per effetto dello statuto speciale. Mica poco… soprattutto se si fa il confronto con i territori limitrofi, a statuto ordinario. Belluno ne sa qualcosa.

Lo studio sulle autonomie speciali dell’Ocpi (Osservatorio Conti Pubblici Italiani) è stato pubblicato qualche giorno fa. E ripreso dal Corriere della Sera, dove spiccano dati e numeri. Uno ad esempio: nelle regioni a statuto ordinario le spese correnti per l’istruzione pesano in media su ogni cittadino 815 euro l’anno. Trento e Bolzano spendono rispettivamente 1.495 e 1.304 euro pro capite. Un preside di liceo a Trento guadagna 99mila euro lordi l’anno, un parigrado di Vicenza 63mila euro. Eccola qua la differenza. E si registra su tutti gli aspetti dell’amministrazione, dei servizi, della viabilità, del turismo…

Lo studio sulle autonomie speciali, si diceva, è di pochi giorni fa. Le reazioni in Trentino-Alto Adige non hanno tardato. «Con l’avvio dell’autonomia differenziata, che vedo positivamente, dobbiamo fare attenzione ai potenziali pericoli per la nostra autonomia speciale» ha detto in un’intervista l’ex presidente di Trento, Ugo Rossi.

In realtà, dall’autonomia differenziata non arrivano pericoli. Piuttosto, il rischio è che ci sia maggiore consapevolezza sulla linea sottile tra privilegio e autonomia speciale. L’Ocpi scrive nella sua analisi che è difficile «rispondere alla domanda se le Regioni a statuto speciale possano rappresentare un modello per l’autonomia differenziata delle Regioni ordinarie. La risposta è che si dovrebbe cercare di evitarlo, per più ragioni». Una delle ragioni riguarda il sistema di finanziamento. Perché il modello di finanziamento delle autonomie speciali «potrebbe essere sintetizzato con la formula “prima le risorse e poi le competenze”, mentre quelle delle Regioni a statuto ordinario è attualmente basato su un meccanismo “prima i fabbisogni di spesa e poi le risorse”».

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