Sanitari “no vax” in ferie forzate: solo Pappalardo li difende

Sanitari “no vax” in ferie forzate: solo Pappalardo li difende

«Ritengo che il vaccino sia volontario, e questa deve essere una prerogativa di civiltà, ma non si può essere obiettore di coscienza e non voler toccare le armi, e pretendere di andare a fare la guardia giurata. Chi vuole lavorare nelle Rsa sa che c’è questo problema». È questo il giudizio del presidente del Veneto, Luca Zaia, d’accordo con il pronunciamento del giudice di Belluno che ha ritenuto giusta la decisione di due case di riposo di sospendere dal lavoro due infermieri e otto operatori sociosanitari che avevano rifiutato di sottoporsi alla vaccinazione. E sull’importanza di immunizzare il personale sanitario, il presidente tira fuori i numeri: «I dati ci danno ragione: su 3.500 contagiati lo scorso ottobre tra i 30mila ospiti, oggi sono forse un centinaio».

Cisl: «Obbligo soluzioni ragionevoli»

Con la giudice bellunese è d’accordo anche la Cisl: «La decisione sulle ferie forzate per gli operatori sanitari di una Rsa che rifiutano il vaccino ci sembra pienamente in linea con le disposizioni normative e la giurisprudenza consolidata sul tema» ha detto il segretario confederale Angelo Colombini, che ritiene «auspicabile però che preventivamente sia stata fatta la verifica che il datore di lavoro non aveva in alcun modo la possibilità di adibire tali lavoratori ad altra mansione, coniugando la salute e la libertà di scelta, con gli interessi della collettività lavorativa e degli ospiti della Rsa. L’ obbligo delle soluzioni ragionevoli permane. Bisogna capire in ultima analisi – conclude – i casi specifici, ma in linea di massima se non si hanno patologie degne di nota, come potrebbe essere il caso di un lavoratore particolarmente fragile ed estremamente vulnerabile, è inopportuno l’atteggiamento di questi lavoratori di rifiutare di vaccinarsi».

Ordine medici: «Affidarsi alla scienza è un dovere»

«Decisione legittima, rispecchia le due leggi che possono essere applicate la Legge 81, per la Sicurezza sul Lavoro, e la Legge 24/2017, per la sicurezza delle cure, che impongono, in situazioni particolari, agli operatori sanitari di vaccinarsi. L’obiettivo è quello di tutelare la salute del lavoratore, di coloro che sono a contatto con i lavoratori e l’azienda stessa» dice all’Adnkronos Filippo Anelli, presidente Fnomceo, Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. «L’azienda ha l’obbligo di fare un documento di valutazione del rischio anche biologico e il lavoratore può rischiare di infettarsi quindi il datore può chiedere al lavoratore di fare il vaccino, a tutela non solo del lavoratore ma anche di chi è suo contatto. – ha aggiunto Anelli – Se il vaccinarsi rientra quindi nei requisiti per svolgere l’attività, infermiere o operatore sociosanitario, dovranno vaccinarsi in caso di rifiuto il datore può decidere di ricollocarlo, sospenderlo o anche licenziarlo». «Bisogna affidarsi alla scienza che ha meccanismi di verifica certi, sicuri che possono essere provati e verificati e che rappresentano per noi il progresso, e questo è un elemento importante. Nella comunità scientifica i medici non possono far altro che essere a favore dei vaccini, è un presupposto importante per la nostra attività, rappresenta la strategia di prevenzione che noi abbiamo», ha concluso Anelli.

Gilet arancioni: «Pronti alla protesta»

A difendere i sanitari “no vax” è intervenuto il generale Antonio Pappalardo, leader dei Gilet arancioni. «Il pronunciamento del tribunale di Belluno – ha detto all’Adnkronos – è di una gravità assoluta in quanto intacca i principi fondamentali della nostra Costituzione che vieta, anche con la legge, comportamenti che possono violare il rispetto della dignità umana». «Il movimento Gilet arancioni di cui mi onoro di esser presidente, invita il personale paramedico a inoltrarci una relazione di quanto accaduto, perché che siano adottate iniziative per la salvaguardia dei diritti di libertà di ogni persona umana. Il consiglio direttivo del movimento sta valutando, dopo questi fatti, l’opportunità di svolgere una manifestazione di protesta a Belluno nelle forme prescritte dalla legge», conclude Pappalardo.

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